Schaub-Texans: è davvero finita?

I fischi, l’ultima onta di un Reliant Stadium che sembra non volerne più sapere di questo Matt Schaub e di questi Texans, finiti in mezzo all’ennesima stagione deludente, partita con le solite prospettive di postseason e fermatasi presto, dopo appena due partite vinte, le uniche di questo 2013 per la più giovane franchigia della lega, che non riesce a scrollarsi di dosso quell’incostanza latente che l’ha accompagnata fin dalla sua nascita ed è completamente esplosa sotto la guida di coach Gary Kubiak, al timone dei texani dal 2006.

Matt SchaubProprio la scelta del coach, appena ripresosi dal malore che lo ha colpito un paio di settimane fa, di mandare in campo il numero 8 nel match perso domenica contro gli Oakland Raiders ha assunto le parvenze del più classico dei passi d’addio, con i tifosi sugli spalti pronti ad accompagnarne ogni snap, ogni singola giocata, con assordanti fischi di protesta che hanno colpito tutti i componenti della squadra, ai quali pareva di giocare su un qualsiasi degl’altri trentuno campi della NFL anzichè tra le loro mura amiche.

Un’avversione nata dalle prestazioni fornite dal prodotto di Tennessee in questo 2013, quando prima di uscire di scena per l’infortunio alla caviglia rimediato alla sesta settimana, con i St. Louis Rams, era riuscito a realizzare il poco invidiabile record di lanciare un intercetto riportato in endzone per quattro match consecutivi; primato allungato ulteriormente, per quanto riguarda i Texans, dalla sua riserva T.J. Yates, che facendosi pizzicare proprio contro il team del Missouri l’ha prolungato di un’ulteriore match.

Situazione paradossale per un team che nelle ultime stagioni era considerato uno dei migliori della nazione nella passing offense, guidato da un quarterback che dopo l’avventura ad Atlanta era giunto in Texas con la voglia di far bene e di conquistarsi un posto importante nella giovane storia della franchigia, uscita con le ossa rotte dall’esperienza con il first pick David Carr, uscito di scena nel 2007.

Da allora Schaub ha guidato Houston con 22,618 yards, 122 touchdowns e 73 intercetti, conducendola per due volte in quegl’agognati playoffs che hanno inseguito per lungo tempo; un traguardo raggiunto nel 2011 e nel 2012, con la fermata anticipata, in entrambi i casi, al divisional, senza riuscire a fare quel passo in più che era invece atteso in questa stagione, quando un roster già collaudato e arricchito di innesti importanti, come quello del receiver DeAndre Hopkins, pareva aver le carte in regola per puntare a qualcosa di importante.

Previsione che non è ovviamente corrisposta a realtà, e che nonostante tutto il lavoro svolto dal coaching staff e dal gruppo dirigenziale per completare un’opera iniziata nel 2002 con un tassello che corrisponde al nome di Andre Johnson, sembra ormai pronta ad essere archiviata come palesemente sbagliata, accompagnata da un progetto, nato con l’ingaggio dell’ex quarterback di Atlanta, definitivamente avviato verso il suo naturale capolinea.

Dopo sette stagioni, 86 partite, 46 vittorie e 40 sconfitte pare infatti che sia destinato a concludersi il rapporto tra Schaub e i Texans, visto i tanti segnali che sono arrivati da più parti ed hanno avuto una sorta di “ground zero” al settimo weekend di questa stagione, quando nonostante il recupero dall’infortunio alla caviglia, Houston ha deciso comunque di puntare sul nuovo che avanza, come volesse strizzare l’occhio al futuro, e rinunciare al veterano che aveva permesso al team di crescere negl’ultimi anni.

L’ avvento del beniamino locale Case Keenum è suonato come la campana che annuncia l’ultimo giro nelle corse ciclistiche per Schaub, che domenica ha probabilmente firmato involontariamente i documenti del divorzio dalla franchigia texana con la brutta prestazione fornita contro Oakland; Kubiak, che lo aveva spedito in campo nel tentativo di dare una scossa la squadra, di smuovere un team in netta difficoltà in quel preciso momento del match, ha ottenuto giusto l’effetto contrario.

I Texans con il numero 8 dietro il centro sono parsi slegati, ancora più inconcludenti che in precedenza, incapaci di incidere, concludere ed impensierire seriamente gli avversari, ormai scappati verso un rassicurante vantaggio di 11 punti; emblema del momento, dell’incapacità di cogliere l’attimo, forse l’ultimo buono per rilanciare le proprie quotazioni, il passaggio palesemente sbagliato di Schaub verso Johnson, con il secondo che a fine azione guarda ripetutamente il compagno, scuotendo la testa e non capacitandosi di come non sia riuscito a mettergli l’ovale tra le mani.

Una connessione che per anni ha caratterizzato il gioco offensivo di Houston, una sicurezza per i Texans e i propri tifosi che improvvisamente crolla, come quell’ultimo baluardo erto a difesa di un fortino ormai indifendibile, che una volta caduto viene attaccato da più parti scatenando la furia dei nemici e, nel caso dei tifosi assiepati al Reliant Stadium, degli ex amici.

La fine, pessima, di un rapporto che era iniziato con grandi auspici, e che ha forse portato meno gloria di quanto all’inizio si potesse effettivamente pensare; un the end sancito dalle parole di Kubiak, che ha deciso di confermare Keenum nel ruolo di starting quarterback il prossimo weekend, forse nell’estremo tentativo di dare un segnale alla dirigenza texana, visto che pure lui si sta giocando una buona fetta del suo futuro in queste ultime settimane di regular season 2013.

Un domani del quale non dovrebbe più far parte Schaub, che in questi giorni ha rilasciato pochissime dichiarazioni, ammutolito dalla terribile accoglienza che gli ha riservato il suo pubblico domenica, e amareggiato per come sta volgendo al termine la sua avventura con i Texans; una fine della quale  sembra  ormai aver preso coscenza anche lui, che si è lasciato scappare un solo, semplicissimo, “Non so cosa sia il futuro.”