A volte è bello essere un 99

Si sente sempre dire “è il n°1, il più forte, il più tenace, l’insuperabile” e, solitamente, il numero sulla maglia è proprio quello se non molto vicino. Difficilmente sentirete dire le stesse frasi riferite ad un #99. Perchè fermarsi a parlare di un #99 quando ci sono gli altri 98 prima, che magari sono più abili, più tenaci e più importanti?

Di motivi ce ne sono tanti, proprio perchè è l’ultimo numero, il 99 è sempre quel giocatore che non si arrende mai che lotta su ogni palla e su ogni inch del campo, che rincorre e rincorrerebbe fin in capo al mondo gli avversari per fermarli ed evitare che vincano. È Il Giocatore, quello che più gli dicono che non è bravo più gioca meglio, più gli dicono che non fa abbastanza e più imprime nella memoria dei suoi avversari il suo nome edancora di più il suo numero

Qualsiasi coach del mondo vorrebbe poter allenare un #99 perchè la sua grinta, il suo combattere fino alla fine anche in allenamento e la sua forza d’animo spronano il coach e i compagni a impegnarsi sempre di più, a migliorarsi ancora e ancora e a rialzarsi dopo ogni caduta.

Un #99 può far innamorare di questo sport chiunque lo veda giocare., e chiunque ci sia accanto non può che essere investito da una forza e una grinta immense. Il #99 per eccellenza si chiama Warren Sapp, è partito dal fondo, da un piccolo paese di campagna, Plymouth, Florida ed è arrivato fino alla Hall of Fame (2013, al 1° anno di eleggibilità); è partito dalla polvere dai Dust bowl nel cortile o nei campi vicino a casa ed è arrivato fino a San Diego (Superbowl XXXVII, 26 gennaio 2003) ad alzare il Vince Lombardi Trophy. La sua motivazione? Il fatto che molti gli dicevano che non era abbastanza bravo per giocare come disse lui stesso “They said I wasn’t good enough and that was my fuel”. Ha cambiato per sempre la concezione di Defensive tackle ed ha cambiato per sempre questo sport. Il suo modo di essere e di giocare ha sempre spinto i compagni e gli avversari stessi a dare sempre il meglio di sè, indimenticabile la rivalità con Brett Favre, placcato ben 11 volte nella sua carriera da Sapp.

Non ci sarà mai nessun’altro come il QB’s killer in Red and Pewter, Defensive Player of the year 1999, 7x Pro Bowl, 96,5 sack totali, lui non solo dominava gli attacchi avversari, molti sarebbero in grado di farlo, lui andava oltre, come ammisero anche molti suoi compagni, coach e avversari lui era dominante.

Il fatto che non giochi più non vuol dire che non vedremo più un altro #99 in campo, anzi proprio perchè lui l’ha vestito, lo scelgono e lo sceglieranno ancora in molti e sentiranno subito quella spinta, quella grinta che solo quel numero è in grado di dare.

Non tutti sono dei numeri 1, ma ancora meno sono i numeri #99.  Per questo anche solo scorgere casualmente un #99 in azione, giocarci fianco a fianco o trovarcisi accanto mentre freme per tornare a scendere in campo darà la forza per non arrendersi mai e per dare sempre tutto noi stessi in campo e fuori, sia da coach che da giocatori.