Assenza di Bradford, penalità ed errori, ecco come i Vikings cadono a Pittsburgh.

Forse è ancora presto per scriverlo ma sembra proprio che nonostante siano passati dodici mesi e siano accadute tante cose nel frattempo, ci troviamo di fronte i soliti Vikings incoerenti e discontinui della passata stagione, ai quali basta un minimo cambiamento per perdere la rotta e prodursi in una prestazione scialba e incolore, piena di penalità ed errori che non può far altro che spianare la strada ad una vittoria avversaria.

Case Keenum

Sicuramente dopo la partenza roboante della prima settimana Sam Bradford aveva dimostrato di essere tornato quel fenomenale quarterback che si era guadagnato lo status di first round pick ai tempi di Oklahoma, e il suo infortunio, con conseguente improvvisa assenza dal match contro gli Steelers, ha condizionato in modo inevitabile Minnesota, e soprattutto l’attacco guidato dall’offensive coordinator Pat Shurmur, trovatosi costretto ad affidarne la gestione dello stesso a Case Keenum.

L’ex QB di Texans e Rams, 9 vittorie e 15 sconfitta in carriera come starter, non è certamente uno di quei ragazzi in grado di cambiarti il volto del team in meglio, ma se coadiuvato in modo quantomeno decente può consentirti di raggiungere l’obiettivo pur senza mettere a segno delle giocate spettacolari o utili a variare il corso della partita, cosa che, molto semplicemente, non è stata fatta in alcun modo domenica, quando i ragazzi di coach Mike Zimmer si sono prodotti in una serie di errori devastanti per l’esito finale del match.

12 penalità totali per 136 yards sono praticamente quasi due drive interi regalati alla squadra avversaria, e già di per se costerebbero una win ad un qualsiasi team di football del globo terracqueo, ma quel che è peggio è che molti di questi passi falsi sono arrivati nei momenti cruciali della sfida ed hanno contribuito a rendere impossibile la già complicata missione di Keenum e compagni, alle prese con un affiatamento da ritrovare ed un timing che non voleva saperne di mettere d’accordo il quarterback con i propri ricevitori, sembrati spesso connessi su due pagine differenti del playbook.

Così facendo è tornato in voga l’utilizzo di Kyle Rudolph come valvola di sicurezza, e le sue 4 prese per 45 yards con 11.3 yds di media conquistate a ricezione alla fine sono state uno dei pochi aspetti positivi della trasferta all’Heinz Field, dove Adam Thielen, 44 yards e 1 fumble, e Stefon Diggs, che per l’occasione sfoggiava un nuovo paio di scarpe personalizzate, sono stati solo lontani parenti dei receiver che hanno messo a ferro e fuoco la difesa di New Orleans sette giorni prima.

Kyle Rudolph

Nel grigiore generale dell’attacco, guidato da un Keenum che ha chiuso con 20 pass completati su 37 per 167 yds, uno spiraglio di luce lo ha dato un redivivo Laquon Treadwell, per la prima volta coinvolto in modo decente, 3 ricezioni per 33 yards, tanto da far sperare che questa sua improvvisa riapparizione sia di ben auspicio per il futuro e dimostri che il GM Rick Spielman non lavora solo bene a parole, ma anche sulla carta.

A lui si deve tra l’altro l’intuizione di portare a Minneapolis il sorprendente Kyle Sloter, carneade da Northern Colorado che in preseason ha stupito molti addetti ai lavori con la divisa dei Broncos e che in poche ore si è trovato a passare da membro della practice squad a numero 2 della depth chart nella posizione di quarterback; ruolo che potrebbe abbandonare presto in caso di ulteriori tentennamenti da parte del numero 7, visto che, come anticipato da Zimmer “Sloter è già in grado di giocare il 70-80 percento del nostro playboook”, e che lo renderebbe, eventualmente, il terzo rookie, dopo Pat Elflein e Dalvin Cook ad essere inserito nell’attacco purple&gold in questa stagione.

Proprio il runningback ex Florida State si è visto annullare quello che sarebbe stato il suo primo touchdown da professionista da un replay che evidenziava come il suo ginocchio avesse impattato il terreno prima che la palla oltrepassasse la famigerata linea dell’endzone, cosa che i Vikings hanno fatto pochi istanti più tardi affidando l’ovale a C.J. Ham per una corsa centrale tipica delle situazioni di goal line che ha tenuto vive le speranze di Minnie.

Speranze che sono poi venute meno con l’avanzare della partita e le incredibili pause, non degne di una prima scelta, che si è preso in copertura Trae Waynes, continuamente bersagliato da Big Ben Roethlisberger e sistematicamente messo alla berlina dai vari Martavis Bryant, Eli Rogers, JoJo Schuster-Smith e Antonio Brown, che pur con qualche difficoltà è stato controllato abbastanza bene da Xavier Rhodes prima che quest’ultimo fosse costretto a rientrare nella locker room per un problema al dito.

Andrew Sendejo

In totale confusione anche il veterano, nonché capitano, Terrence Newman, cui le telecamere della FOX hanno regalato un primo piano dopo un fallo di interferenza piuttosto stupido ai danni dello stesso Brown, quasi a dire “sei sceso in campo giusto per far danni”, che con Harrison Smith, forse tenuto un po’ lontano dal fulcro nel gioco nella trasferta di Pittsburgh, avrebbe invece dovuto dare solidità al reparto.

Oltre ad una linea, splendidamente guidata da Everson Griffen, 2.0 sacks all’attivo, che ha alternato in modo efficace come al solito molti dei suoi elementi, da Linval Joseph e Shamar Stephen a Danielle Hunter e Brian Robison, han lavorato bene la SS Andrew Sendejo, miglior colpitore di giornata con 10 tackles messi a segno, e la coppia di linebacker ex UCLA composta da Anthony Barr e Eric Kendricks, autori di 9 placcaggi a testa, abili a tenere a bada il vulcanico Le’Veon Bell.

In una giornata che lascia l’amaro in bocca, il record di franchigia fatto registrare da Marcus Sherels, nuovo leader all-time con 1,822 yards conquistate su punt return, si spera possa essere l’iniezione di fiducia che serve all’ambiente e che doni la spinta necessaria ai Vikings per reagire fin dalla prossima partita, contro i Tampa Bay Buccaneers tra le mura amiche del U.S. Bank Stadium.