Cinderella: alle radici della mitica U

3 settembre 1983. I Gators ospitano i Miami Hurricanes per la prima gara di stagione, gli Hurricanes, con un gioco pro style, sono favoriti ma gli alligatori ribaltano i pronostici e massacrano la squadra di Schnellenberger 28-3. Gli Hurricanes vengono da una stagione positiva tra le squadre indipendenti (7-4) ma hanno perso sei ragazzi draftati in NFL tra cui il QB Jim Kelly, al suo posto c’è un freshman, un certo Bernie Kosar che da senior alle superiori era diventato All American. C’era da scommetterci sopra, però l’inizio non era stato certo dei più incoraggianti, la squadra non viene nemmeno rankata, e continua a non esserlo nemmeno dopo la vittoria a Houston e quella in casa con Purdue, piuttosto netta.

Invece la Cenerentola, nel silenzio piu totale, ha iniziato inaspettatamente la sua corsa. Le sue intenzioni erompono fragorosamente il 24 settembre quando all’Orange Bowl scende Notre Dame, #13 del rank nazionale.

E se ne va con le ossa rotte, 20-0.

La U entra nel ranking, iniziano a cagarla: dopo aver battuto Duke a domicilio gli Hurricanes sono #15, non male. Poi battono Louisville, Mississipi State a Starkville, Cincinnati al Riverfront, West Virginia ed East Carolina. Il rank segna, incredibile a dirsi, #5.

Il 12 novembre è fissato un classico, Miami andrà a Tallahassee contro Florida State, l’anno prima a Miami gli ospiti avevano fatto il bello ed il cattivo tempo vincendo 24-7 e finendo dietro Penn State tra le indipendenti. Ma si avverte che il vento ha girato ed è ormai uragano, Miami vince grazie ad un field goal con zero sul cronometro, dopo che Florida a sua volta ne aveva fallito uno dieci minuti prima, il maggior possesso (32,10 contro 27,50) più primi down, più yards guadagnate poco contano, Miami vince 17-16 e termina l’anno #5.

Quindi, Orange Bowl Classic. 2 gennaio 1984.

Di fronte, Nebraska, una squadra che pare più uno schiacciasassi con 52 punti di media a partita e un percorso netto di 12-0. Formidabile compagine già definita come una delle migliori di sempre, punti deboli in attacco: zero. In difesa vulnerabili sui passaggi a media gittata e poco affidabili sui calci. I bookmakers danno Nebraska vincente di undici punti e mezzo.

La partita, senza dilungarsi troppo, invece, non è drammatica fino all’ultimo quarto, quando Miami dilapida il vantaggio di 31-17 e Nebraska, sul 31-30 per Miami, tenta il tutto per tutto con una conversione da due. All’epoca non esisteva overtime, quindi il pareggio sarebbe rimasto come risultato finale. Più avanti Tom Osborne, coach di Nebraska, intervistato a riguardo disse che i suoi ragazzi avrebbero fatto lo stesso, perchè il pareggio non era la soluzione che sognavano, che volevano.

Fatto sta che il pareggio non uscì da quel Bowl, Ken Calhoun deviò un passaggio verso la destra dello schieramento di Nebraska tanto da far sbattere il pallone sul corpo di Jeff Smith e farlo ruzzolare a terra per far fallire la conversione e dare inaspettatamente la vittoria a Miami. Coincidenza volle che quell’anno anche la seconda del Rank, i Longhorns, perdesse il Cotton con Georgia, e la terza (Auburn) battesse Michigan di un miserevole 9-7. Gli Hurricanes, totalmente a sorpresa, furono incoronati campioni nazionali per la prima volta nella loro storia, aprendo un ciclo che avrebbe portato in Florida ben quattro titoli nazionali in dieci anni. Sport Illustrated del 9 gennaio titolerà Miracle in Miami.

Osborne, a quanto pare non pentito di quella coraggiosa e sfortunata decisione, si rifarà nella decade successiva portando Nebraska a tre titoli nazionali in quattro anni tra il 1994 ed il 1997.