Ara Parseghian

“There are more good football teams today, I think, than there has ever been. I think it’s much more significant today, and not to diminish past accomplishments, but the very fact that it’s a different ballgame today, it’s much more difficult to go undefeated and go on to win the national championship.”

La resurrezione di Notre Dame dalle paludi di fine anni ’50 ed inizio anni ’60 deve tanto ad un uomo dell’Ohio, di origini armene e francesi, che risponde al nome di Ara Raoul Parseghian.

Considerato a pieno titolo come uno dei migliori coach mai presentatisi sulla sideline dei Fighting Irish, assieme Knute Rockne, Frank Leahy e Lou Holtz, Parseghian nacque nel 1923 dal padre fuggito dalla Turchia durante il genocidio armeno, crescendo ad Akron, Ohio, una delle culle del football professionistico. La mamma, come tutte le mamme, non apprezzava molto che suo figlio si dilettasse in giochi pericolosi, ma a dispetto di questo, Ara si fece la fama di ragazzo duro, il più duro della sua classe tanto da essergli affidato il pattugliamento notturno della scuola per evitare vandalismi. La madre riuscì a tenerlo lontano da uno sport rude come il football solo per un anno, una volta arrivato alla Akron High School, poi lui stesso decise che avrebbe giocato anche senza il permesso dei genitori e le qualità di giocatore esplosero sotto Frank “Doc” Wargo, suo primo coach.

La sua storia da giocatore è simile a quella di tanti ragazzi nati attorno alla metà degli anni ’20: football durante la high school, iscrizione all’Akron University per continuare quello che gli riusciva tanto bene, poi scoppio della seconda guerra mondiale ed abbandono degli studi per arruolarsi nella forze armate, la Marina degli Stati Uniti per un fermo di due anni. Durante l’addestramento su alla Naval Station Great Lakes conobbe Paul Brown che a molti forse non dice molto ma che è stato un mito dell’high school football guidando la Massillon Washington HC. Pur non partecipando alla stagione di Great Lakes per un infortunio, Parseghian fece tesoro dei metodi di allenamento di Brown.

Dopo la guerra, terminò la sua carriera universitaria presso l’Università di Miami in Ohio, e fu selezionato dagli Steelers nel draft del 1947, ma la contemporanea chiamata dei Cleveland Browns dominatori della appena nata All-America Football Conference, ed allenati da Paul Brown, lo fece propendere per questi ultimi con cui vinse i titoli AAFC nel 1948 e nel 1949 .

A soli 26 anni la sua carriera da giocatore si chiuse per un infortunio all’anca patito nella seconda gara della stagione 1949 contro i Colts, così Parseghian tornò nella sua alma mater come assistente allenatore per la squadra dei freshmen, sotto la guida di Wayne “Woody” Hayes nella stagione in cui Miami vinse la Mid American Conference Quando Hayes lasciò nel 1951 per approdare presso la Ohio State University , Parseghian prese il suo posto ed a 28 anni si ritrovò a capo allenatore rimanendovi fino al 1956, collezionando un lusinghiero record di 39–6–1 e due titoli Mid American, oltre ad una stagione senza sconfitte 9-0-0 con realtivo ingresso nel ranking nazionale proprio nell’anno in cui disse addio a Miami. L’approdo fu la ben più prestigiosa Northwestern University in Illinois, una delle università che aveva battuto con la piccola Miami, dove in otto stagioni compilò un record di 36-35-1.

La scelta di Parseghian in sostituzione del suo ex compagno ai Brows Lou Saban, risollevò NU da un periodo orribile iniziato dopo il 1948: all’arrivo del coach da Miami i Wildcats avevano ormai un ricordo sbiadito del Rose Bowl del 1948 ed erano reduci da quattro stagioni consecutive con record negativi nella Big Ten. Nelle sua stagioni a Nortwestern colse prestigiosi successi come le vittorie su Michigan e Ohio State nel 1958 ed addirittura si presentò al #2 del ranking nazionale nella successiva stagione, cogliendo un’infausta striscia di tre sconfitte che la estromisero dalla lotta al titolo della Big Ten 1959. Affabile, amante dei rapporti informali anche con i giocatori che vedevano in lui un ragazzo di pochi anni più grande (assunse la carica di coach a NU all’età di 32 anni), sfoggiò la sua capacità di recruiter con il piccolo budget di cui disponeva Nortwestern, la duttilità dei giocatori scelti permise a Parseghian nel 1962 di chiudere la stagione 7-2, e battere Ohio State e Notre Dame, quest’ultima davanti a più di 55.000 persone, record battuto solo recentemente. Motivi di frustrazione però, in quello che sembrava un piccolo paradiso per lui, ce n’erano e non pochi: il ridotto budget per il programma e gli alti standard accademici richiesti agli studenti-atleti per le borse di studio costringevano NU a fare sempre le nozze coi fichi secchi, a questo si aggiunse una progressiva perdita di feeling con il direttore atletico Holcomb che nel 1963 gli comunicò di non voler rinnovare il suo contratto nonostante la ottima stagione da 7-2 sopra detta. Nel volume di Jim Dent Resurrection: The Miracle Season That Saved Notre Dame, Parseghian commenterà molti anni dopo laconicamente:

“I took them to the top of the polls in 1962, and that was not good enough for Northwestern”

Il successo di Parseghian con cinque stagioni positive e due ingressi nel ranking nazionale attirò comunque l’interesse di Notre Dame, anch’essa in cattive acque da diverse stagioni, e che nelle sfide con Northwestern da quando era stata ripristinata la serie nel 1959, aveva pigliato quattro briscole su quattro da Parseghian.

I primi contatti, a dire il vero non furono dei migliori: il reverendo Edmund Joyce parve freddo all’interesse di Parseghian per il posto, successivamente quando fu Notre Dame ad interessarsi seriamente al coach di Northwestern fu quest’ultimo a tentennare più che altro per motivi personali: Notre Dame è una istituzione profondamente cattolica, e Parseghian, memore dei racconti del padre, imputava ai silenzi della curia cattolica una parte della colpa dello sterminio della sua gente. Presbiteriano della chiesa armena, inoltre, si trovò a fare i conti con la tradizione di coach di Notre Dame laureati a South Bend e quindi, giocoforza, cattolici. Questo anni dopo porterà alla famosa stilettata di John McKay rifilata al reverendo Hesburgh, dopo il 55-24 del 1974 “That’s what you get for hiring a Presbyterian!”

Al suo arrivo nel 1964 i Fighting Irish erano reduci da una stagione con 2-7-0 in cui gli unici due scatti d’orgoglio erano arrivati contro i classici “nemici” di USC e UCLA. Kuharich aveva tolto le tende per andare a fare il supervisore degli arbitri nella NFL, posto costruitogli a tavolino dal suo amico e commissioner NFL Pete Rozelle, Devore a cui era stato affidato l’incarico ad interim aveva bruciato la sua occasione con una stagione a dir poco disastrosa.

Parseghian, aiutato da tre suoi uomini di fiducia già a Northwestern più quattro ex giocatori degli Irish, oltre che da John Huarte in cabina di regia, diede una svolta al programma riaccendendo immediatamente l’interesse per Notre Dame, con un sistema d’attacco più spostato verso il passaggio. L’introduzione da parte della NCAA delle sostituzioni illimitate proprio in quel 1964 favorì l’uso nel solo attacco di giocatori fisicamente più compatti, che non sarebbero stati adatti al gioco di difesa.

Non quotati nel ranking, con previsioni che andavano da ottimistici 6-4 a più pacati 5-5, gli Irish sbalordirono tutti giungendo ad un record di 9-0 prima della gara con USC: al Los Angeles Memorial Coliseum, #1 del rank e accreditati di un vantaggio di 11 punti secondo gli esperti, i Fighting Irish videro crollare i loro sogni di gloria dapprima con una controversa chiamata arbitrale che diede a USC il 20-17 dopo essere stata sotto 0-17, poi con un passaggio di Huarte a sei secondi dalla fine, reso vano da quattro Trojans.

La sconfitta con USC fu un “incidente” che purtroppo si ripeterà spesso nelle undici stagioni di Parseghian sulla sideline di Notre Dame: dal 1964 al 1974 i Trojans si imporranno ben sei volte oltre a due pareggi. D’altronde si parla dei due programmi probabilmente più forti del periodo: gli Irish di Parseghian avranno solo stagioni positive negli undici anni dell “Ara Era”, vincendo due titoli nazionali un Cotton Bowl, un Orange Bowl ed un Sugar Bowl.

La laurea di Huarte, Heisman Trophy del 1964 con più di 2000 yard di passaggi, e di Snow costrinse Notre Dame ad una piccola rivoluzione che portò il programma nel 1965 ad un “modesto” 7-2-1. Parseghian trovò le sue nuove galline dalle uova d’oro nel quarterback Terry Hanratty e nel receiver Jim Seymour: otto vittorie d’infilata fino al celeberrimo 10-10 con Michigan State uno dei tanti Game of The Century.

Parseghian venne fortemente criticato per la sua dose massiccia (per molti stomachevole) di pragmatismo quando fece trascorrere gli ultimi secondi della gara senza tentare la vittoria, tuttavia questa scelta, coronata dalla demolizione 51-0 di USC la settimana dopo, fece tornare quel titolo nazionale che mancava a South Bend dal 1949.

Due anni dopo, una nuova rivoluzione, questa volta concettuale, e se vogliamo epocale, coinvolse l’ateneo dell’Indiana: per reperire fondi per pagare le borse di studio minori, Notre Dame acconsentì all’invito degli organizzatori del Cotton Bowl e scese in campo contro i Texas Longhorns campioni nazionali perdendo 21-17. Questo avvenne poco dopo la riaccensione della rivalità con Michigan che avvenne nel 1969 quando le due scuole siglarono l’accordo anche grazie alla vecchia conoscenza tra Parseghian ed il coach di Michigan Schembechler, suo assistente a Northwestern.

Il secondo titolo nazionale giunse nel 1973 dopo due anni più opachi, la stagione perfetta sia di Alabama #1 che di Notre Dame #3 fece incontrare le due squadre al Cotton Bowl in quello che a tutti gli effetti si poteva considerare uno spareggio.

La gara, considerata tra le più belle ed emozionanti di tutta la storia del college football, vide la vittoria degli Irish 24-23 ed il palese sbugiardamento di Coaches’ Poll, che dichiarava il proprio campione nazionale prima del periodo dei bowl, fece si che venisse cambiato quest’uso e venisse spostato il rilascio dell’ultimo poll a dopo la postseason.

L’ultima stagione da allenatore, il 1974, fu funestata da diversi episodi drammatici sia all’interno della squadra che nella vita privata del coach: a luglio Luther Bradley, Russ Browner, Al Hunter, Willie Fry, Roy Henry, e Dan Knott, sei componenti della squadra tra cui quello che venne definito dai giornali “the heart of the Irish defense”, vengono accusati di violenza sessuale ai danni di una ragazza diciottenne all’epoca. Immediatamente sospesi, lasciano Parseghian profondamente deluso. Sul campo la stagione è segnata alla terza settimana da una sconfitta assolutamente inaspettata con Purdue, che aumentò a dismisura la pressione sul coach fino a fargli decidere ben prima di dicembre, di rassegnare le proprie dimissioni. Fisicamente esausto ed emotivamente svuotato, come egli stesso si definì, Parseghian mostrò di aver subito il contraccolpo non solo dei guai sportivi, ma anche di quelli personali, con la morte di tre dei suoi più stretti amici e la scoperta da parte di sua figlia, di essere affetta da sclerosi multipla. La gara di addio, una sorta di rivincita dell’Orange Bowl dell’anno prima, finisce 13-11 per i ragazzi di South Bend, fissando il suo record a 95-17-4, il secondo maggior numero di vittorie da parte di qualsiasi allenatore di football nella storia della scuola, dietro Rockne. Parseghian aveva solo 51 anni, ma aveva lasciato profonde emozioni a Notre Dame, e non solo, dato che su sua esplicita richiesta erano spariti dalle divise di gioco tutti i segni ornamentali e che, nei suoi undici anni da capo allenatore, gli Irish non avevano mai indossato il verde, avendo imposto Parseghian come colore di casa il blu na

Tralasciando la carriera di commentatore sportivo, sicuramente molto più rilassata di quella di coach di una delle squadre più prestigiose nel panorama del college football, va aggiunto che Parseghian fu inserito nella College Hall of Fame nel 1980, a 59 anni.

La lotta alle malattie genetiche, maturata anche in conseguenza della morte di tre suoi nipoti per la Malattia di Niemann-Pick di tipo C, oltre alla diagnosi di sclerosi multipla della figlia, è sfociata nella fondazione della Ara Parseghian Medical Research Foundation nel 1994.