15 Giugno 1968: Tim Lester, “The Bus Driver”

Nato a Miami il 15 Giugno di 47 anni fa, Timothy Lee Lester, quarto di sette figli, sei maschi ed una femmina, e primo membro della famiglia ad ottenere una borsa di studio ed andare al college, si è sempre ritenuto uno di quei ragazzi fortunati, di quelli che grazie allo sport, oltre che all’educazione impartitagli dai genitori, ce l’ha fatta, uscendo dai complicati, e tribolati, sobborghi della città bagnata dall’Atlantico, per spiccare il volo verso la gloria ed il sogno dorato del football NFL.

Reclutato da Eastern Kentucky dopo essere stato ignorato dai migliori college del paese, ha concluso la sua carriera con i Colonels con 3,640 yards e 34 touchdowns all’attivo, prima di essere selezionato dai Los Angeles Rams nel decimo round del Draft 1992, anno che segna il suo ingresso nel mondo del football professionistico.

Le sue fortune, come fullback, nel team californiano, iniziano però dodici mesi dopo, quando viene draftato un certo Jerome Bettis, successivamente conosciuto nel mondo della palla ovale come “The Bus“, per le corse di pura potenza in cui era solito portarsi appresso, incollati sulla sua schiena, diversi difensori avversari, al quale Lester aprirà la strada per diverse stagioni a venire.

Passato agli Steelers nell’offseason del 1995, viene raggiunto dall’ex teammate un anno più tardi, consentendo alla franchigicia della Pennsylvania di ricomporre la coppia che aveva permesso ai Rams di totalizzare 2,454 yards e 10 touchdowns nel biennio 1993-94, preambolo dello spettacolo che i due erano pronti a mettere in piedi a Pittsburgh.

Con Lester a condurre e Bettis a portar palla, il running game dei Black & Gold sale incredibilmente di livello, e soprattutto nel 1997 tocca vette mai raggiunte in precedenza, con il prodotto da Notre Dame che percorre 1,665 yds, realizza 7 segnature, e mantiene una media 111 yards conquistate a partita, la migliore della sua intera carriera da professionista.

Punti di forza indiscussi degli Steelers che centrarono il back-to-back nella AFC Central e arrivarono a disputare l’AFC Championship, perso, contro i Denver Broncos, giocarono insieme la season 1998 prima che il fullback cambiasse casacca, firmando, per quello che si rivelerà il suo ultimo anno in NFL, con i Dallas Cowboys del suo ex OC Chan Gailey, divenuto nel frattempo head coach dei texani.

Con il team del Texas le utlime cinque apparizioni tra i Pro, nelle quali ha condotto per un altro grandissimo di questo sport, Emmitt Smith, l’ultimo runningback a sfruttare le sue indubbie qualità di bloccatore, capace di garantire sempre un’ottima produzione a chi correva alle sue spalle.

Appeso casco e paraspalle al chiodo, si è dedicato al supporto di diverse fondazioni no profit per aiutare la crescita degli atleti e aiutarli a gestire le loro carriere, prendendo spunto dalla sua esperienza di vita, nella quale ha dovuto quasi toccare il fondo, come ha sempre sostenuto lui stesso, prima di risalire.

Impegno nel sociale che, oltre alla sua splendida famiglia, composta dalla moglie Natalie e i loro quattro figli, è diventato la sua ragione di vita, e che mette giornalmente in atto attraverso la “New Found Life Youth Football League“, lega gestita da lui stesso che ha come missione quella di insegnare ai ragazzi ad assumere comportamenti corretti dentro e fuori il campo, aiutandoli a crescere di pari passo con lo sport che praticano.

Premiato, quando ancora era un giocatore NFL, con il “Unsung Hero Award” dagli Steelers per i servizi svolti alla comunità, al termine della sua carriera professionistica ha scelto di tornare a Miami proprio per aiutare i giovani disagiati a costruirsi un futuro.

In circa quindici anni, ha iniziato nel 2000, si stima che Lester abbia aiutato più di cinquecento ragazzi dei sobborghi di Miami a trovare la loro strada, sfruttando il football per insegnargli alcune regole basilari per affrontare le proprie vite.

Inserito nella Eastern Kentucky Hall of Fame nel 2011, il suo programma ha attirato l’attenzione di diversi media del settore prima di essere addirittura oggetto del documentario “The Year of the Bull“, pubblicato nel 2003.

Queste, le parole con cui Lester presenta la sua opera, “Noi crediamo che si debba insegnare con l’esempio; ci deve essere competitività ma dev’essere fiera; bisogna essere aggressivi ma anche rispettosi; bisogna essere duri, ma compassionevoli. Noi vogliamo far capire ai nostri giocatori che solo con il lavoro duro si ottiene qualcosa, sia nello sport che nella vita, e soprattutto non bisogna mai mollare.”

Ovvero quello che era solito fare lui nei quarti finali delle partite, come ricorda il giornalista Bryan DeArdo di behindthesteelcurtain.com, “Il mio ricordo indelebile legato a Lester e Bettis é quanto fosse divertente ammirarli nell’ultimo quarto. Mentre la maggior parte dei giocatori aveva ormai esaurito le energie era lampate come Lester e Bettis erano pronti a dare ancora il loro meglio. I due runningback che insieme pesavano circa 230 chili, erano in grado di imporre la loro volontà sulle difese avversarie, e se gli Steelers si trovavano ad inseguire, beh, potevi scommetterci che Lester e Bettis avrebbero trovato il modo di chiudere la partita.”

TimLester