William Dennison Clark

Ricorre oggi l’ottantesimo anniversario della morte di William Dennison “Denny” Clark, che probabilmente a tantissimi di voi non dirà nulla, e questo è quello che avrebbe voluto lui, è quello che lo portò a spararsi in un hotel di Salem, in Oregon, il 30 maggio 1932.

Denny Clark aveva giocato a football durante il suo periodo universitario, non in un college qualunque ma a Michigan, in quei Wolverines diretti da Yost, che nel periodo dal 1901 al 1905 persero una sola gara, contro la University of Chicago, la gara che mise fine ad una striscia di imbattibilità di 56 gare (55 vittorie, un pareggio).

Nativo di Detroit, Michigan, Clark era figlio del reverendo Rufus Wheelwright Clark e Lucy Dennison, e nipote di William Dennison, Jr., 24mo governatore dell’Ohio e membro del gabinetto di Abraham Lincoln durante la guerra civile americana. Quando entrò a far parte della squadra di football della University of Michigan, grazie alla sua versatilità, fu impiegato da Yost in varie posizioni di back e come end oltre che punt returner, diventando il quarto marcatore della squadra nella stagione 1904, in quella che veniva chiamata la “Point-a-Minute” per la capacità di segnare in media un punto al minuto, lasciando agli avversari meno delle briciole.

Michigan Wolverines 1905. Clark è il primo a sinistra nella prima fila

Giocò l’ultima gara con Michigan nella stagione 1905, contro la University of Chicago, match di chiusura dell’annata, dove la squadra di Ann Harbor arrivò con il record sopra detto di 56 gare senza sconfitta ed una incredibile stagione fatta di nessuna sconfitta, nessun pareggio e nessun punto subito. Le due squadre rimasero su un equilibrato 0-0 per oltre 50 minuti, quando il punter di Chicago Eckersall, calciò dalle 43 di Michigan riuscendo a mettere una palla lenta e perfettamente tra i due end Barlow e Clark, quest’ultimo prese palla ma con due difensori pronti a stenderlo se avesse provato la corsa, Clark poteva mettere palla a terra ed evitare guai peggiori, ma decise di correre eludendo abilmente i due difensori. Il peggio sembrava passato sulla linea della yarda fu placcato da Carlin che lo respinse indietro prima di atterrarlo definitivamente dentro la endzone. Questo tipo di azione oggi non costituirebbe segnatura, perchè viene considerato il massimo avanzamento che un giocatore è riuscito ad ottenere, all’epoca tale regola non esisteva, ed il giudizio era effettuato sul punto in cui il giocatore veniva atterrato: dentro la endzone costituisce una segnatura per la squadra in difesa, denominata safety.

Chicago, una volta in vantaggio, non cercò altre segnature allontanando il pallone e “accontentandosi” di quel risicato vantaggio che di fatto pose fine all’epopea della squadra che segna un punto al minuto. I giornali dell’epoca diedero un enorme risalto alla partita, al punteggio e giocoforza all’errore di valutazione di Clark, descritto come “wretched blunder” (errore miserabile) o “lapse of brain work” (che suona più o meno come “si è bevuto il cervello”), e Clark apparve talmente abbattuto che pare pronunciò la frase “O, this is horrible … I shall kill myself because I am in disgrace“, e se anche la frase non corrispondesse al vero, pare comunque che l’umore del giocatore fosse talmente basso che due giorni dopo la gara, il Detroit Free Press si prese la briga di avvisare che il giocatore, pur molto intristito, era ancora vivo e vegeto e non aveva provato nessun suicidio, aggiungendo che non era uscito di testa e non era sotto osservazione medica.

Clark dichiarò

Everybody has been good to me, telling me it wasn’t my fault, and so on. But it was my fault, and I haven’t any excuses to make. It was a mistake for me to run out with the ball and I shouldn’t have done it. I wish people would blame me. If they were only mad at me, because I lost the game, that would give me a chance to get mad too, and I could relieve my feelings“.

I tifosi gli volevano veramente bene e non si curavano come lui di quella sconfitta: l’otto dicembre 1905, alla University Hall, fu organizzato un ringraziamento a quella squadra così forte, quando fu chiamato il nome di Clark, i tifosi applaudirono oltre tre minuti, dimostrando, a differenza del giocatore, di sapersi mettere alle spalle gli errori.

Clark seguì gli studi a Michigan fino al 1906, per poi trasferirsi al M.I.T. di Boston. Dopo aver servito nell’aviazione durante la Grande Guerra ed essere tornato a casa, si sposò ed ebbe tre figli, ma non ebbe pace, marchiato per sempre come l’uomo che aveva perso Michigan – Chicago del 1905. Ancora vent’anni dopo l’accaduto tornava costantemente su quell’errore. Yost incontrò il giocatore nel 1925 e rimase colpito da questa sorta di ossessione, tanto che scrisse “only Dennis still feels the pain of it“. Alla definitiva conclusione della vicenda non contribuì Stagg, il coach di Chicago che aveva sconfitto i Wolverines, che l’anno dopo sul Sunday Evening Post scrisse che Clark aveva abbandonato Michigan immediatamente dopo la sconfitta per il clima intollerabile che si era creato attorno a lui, l’articolo ovviamente venne contestato dallo stesso ex giocatore e dalle due alma mater che lo avevano ospitato.