The Guilty Dozen

Se uno va a guardarsele bene, le gare di college football hanno ammassato talmente tante situazioni bizzarre che si potrebbero riempire enciclopedie intere. Una voce di questa enciclopedia bisogna sicuramente riservarla alla The Guilty Dozen o forse qualcosa tipo The Night They Made Twelve An Odd Number In Miami. La scena è quella dell’Orange Bowl del 1969, i protagonisti sono i Penn State Nittany Lions di coach Joe Paterno, ed i Kansas Jayhawks di coach Pepper Rodger.

La gara era stata ben giocata ma soprattutto nessuna delle due squadre aveva perso di vista l’altra.

Nel primo quarto Penn State era sembrata nettamente superiore alla difesa di Kansas, ma un fumble perso e due intercetti avevano impedito ai Nittany Lions di segnare se non nel secondo quarto. Kansas, pur non eccezionale in attacco, era riuscita ad andare in touchdown ed il 7-7 di fine primo tempo era apparso ragionevole. Nella seconda metà l’halfback di Kansas, Don Shanklin, riuscì in una magia delle sue, riportando un punt per 47 yard fino alla linea delle sette di Penn State, da dove i Jayhawks trovarono la via per la seconda segnatura di giornata, portandosi in vantaggio-

Ad ottanta secondi dalla fine, Kansas, era avanti 14-7, Penn State usò l’ultimo time-out ed allo snap successivo costrinse Kansas al punt. I Lions giocarono una 10 – Go Charge, una giocata disperata in cui si buttano dieci uomini sul punter nella speranza di bloccare il calcio. La tattica funzionò solo parzialmente, il calcio fu deflesso e cadde sulla linea di metà campo, 50 yard dalla endzone. Era già disperazione perchè il quarterback Burkhart non passava per essere un braccione, ma il lancio, effettuato un attimo prima di essere toccato da un avversario sfuggito al blocco, uscì con una lunga parabola che trovò incredibilmente Campbell, che era riuscito ad aggirare il suo marcatore, il salto e la presa portarono inaspettatamente Penn State sulla linea delle tre yard. 

A quel punto, con un minuto alla fine, Paterno chiamò Burkhart in sideline e gli spiegò i successivi tre giochi. 

“Chuck was positively the coolest guy around. He kept telling me ‘We’ll win, coach, don’t worry’. It was great, but sometimes I wonder if he has quite enough talent to be all that cocky”

Burkhart e Paterno erano legati con un doppio filo, il QB era il traduttore in campo di quello che il coach pensava, era colui che aveva portato la squadra a una stagione imbattuta (il 1968, 11-0) e dopo altre dieci gare senza sconfitte, era a sette yard dal pareggiare una gara disperata. Burkhart ricorderà un episodio curioso, in occasione del licenziamento di Paterno a causa dello scandalo-pedofilia che colpì Penn State:

“George Welch was my position coach, and one day he was showing me how to run a play, but it was not how Joe wanted it done. When Joe saw what we were doing, he came running over, screaming at me to please to do it right. I looked over at George and asked, ‘Why didn’t you tell him you told me to do it this way?’ George said, ‘Because he loves you. All he’s going to do to you is yell. Me? He’d have fired me!’ “

E mentre Penn State stava preparando la sua ultima spinta offensiva per tentare quantomeno il pareggio, Kansas mandò in campo la sua difesa in versione goal-line, ma mentre nelle sostituzioni solo un giocatore scese, due salirono, creando la superiorità illegale di cui nessuno si accorse per due snap. Questi due snap furono diligentemente giocati da Burkhart come chiesto da Paterno ma la difesa resse ed alla terza chiamata, 56-scissor, un handoff sulla linea per l’halfback Charlie Pittman, Burkhart cambiò idea: non diede palla al sorpreso Pittman, la fece scivolare dietro la sua anca e corse una bootleg esterna sinistra per il touchdown, il primo nella sua personale carriera collegiale, vano fu il tentativo di fermarlo prima della goal line. A questo punto Joe Paterno, uno che giocava sempre il tutto per tutto, decise di provare per due punti. “Se non fossimo riusciti a vincere, avremmo perso” ebbe a dire laconicamente più tardi. Sembrava si avverasse la seconda opzione quando il passaggio del quarterback Chuck Burkhart all’halfback Bob Campbell nell’angolo destro appresso al piloncino, venne deviato e mandato a terra da un nugolo di giocatori di Kansas.

Si, in effetti c’erano un sacco di caschi dei Jayhawks in campo, e Pepper Rodgers era un allenatore intelligente, imprevedibile, scaltro; certo ha architettato alcune difese veramente feroci a suo tempo, ma mai una con 12 uomini. In fondo si può pensare che dopo nove ore di bowl il giorno di capodanno, se ne siano viste a sufficienza, invece c’era ancora tempo per quell’ultima trovata.

Il nugolo risultò un po’ troppo nutrito anche per Foster Grose, referee della crew, che aveva diligentemente contato i giocatori e che già prima dello snap sapeva dell’errore, ma non aveva avuto immediatamente la prontezza di per chiamare la flag. Piu tardi dichiarò che era sua routine contare i giocatori ad ogni step… mah, considerato che ci furono due snap con 12 persone in campo, prima che al terzo se ne accorgesse, mi sembra che sia una bugia bella e buona-

Tuttavia la flag di Grose svelò a Kansas ed a tutti gli spettatori, televisivi e non, che i Jayhawks stavano giocando in 12, che lo snap era da ripetere e che il sogno di conquistare l’Orange non si era avverato, e non si sarebbe mai avverato perchè alla giocata successiva, una corsa di Campbell portò il risultato su un pazzesco 15-14, far vincere l’Orange Bowl a Penn State e proiettarla al numero 2 del ranking nazionale.

Due punti che non sarebbero mai stati possibili senza il touchdown precedente, naturalmente, quello segnato senza che ci fosse stato nessun tipo di sventolio di fazzoletti da parte dei referee come avrebbe dovuto essere.

Dopo la partita, stravaccato su una sedia pieghevole nello spogliatoio semibuio, Pepper Rodgers, con un sorriso a denti stretti, dichiarò che la gara, ed in particolare quell’ultima azione era materiale da film, per aver trasformato una potenziale vittoria di Kansas in una emozionante vittoria per Penn State. Kansas, dopo essere arrivata a quel fantastico climax, negli anni successivi sprofondò, chiudendo la stagione 1969 con un 1-9 sintomatico di quello che sarebbe accaduto nei successivi quarant’anni, dove i Jayhawks risulteranno novantunesimi nella classifica delle percentuali di vittorie.

Paterno nelle prime ore del mattino seguente a quell’Orange Bowl, diede la propria opinione ad una TV che stava ripercorrendo le fasi salienti della gara:

“You know, there was enough glory in that game for both teams. No one should be ashamed. We were both great teams tonight”

Giusto. E i giocatori in campo in quell’ultimo angosciante minuto, per lo spettacolo che contribuirono a dare a chi li guardava, dovrebbero essere particolarmente orgogliosi, tutti e ventitré nessuno escluso!