Road to Super Bowl LII: Minnesota Vikings

Tre le stagioni vincenti su quattro passate alla guida dei Vikings per coach Mike Zimmer, giunto alla seconda apparizione in postseason da quando ha dismesso i panni di defensive coordinator dei Cincinnati Bengals per prendere le redini del team dei fratelli Mark e Zigy Wilf, gestito con sagacia nel corso delle stagioni dall’ottimo GM Rick Spielman, principale artefice, insieme al capo allenatore, della squadra che ha vinto la NFC North poche settimane fa.

Il cammino della stagione 2017

La partenza altalenante con due vittorie e due sconfitte nelle prime quattro uscite stagionali non aveva prodotto buone sensazioni nell’entourage dei purple & gold che ad un certo punto, dopo la seconda sconfitta subita con i Lions, unica casalinga della stagione e coincisa con l’infortunio di Dalvin Cook, sembravano essere già destinati ad uscire dai giochi, complice anche gli acciacchi fisici che avevano costretto lo starting quarterback Sam Bradford a tirare i remi in barca dopo l’esordio di regular season con i Saints, la stessa formazione che si troveranno nuovamente di fronte, a distanza di oltre quattro mesi, sul terreno del US Bank Stadium, domenica.

Invece… invece è accaduto qualcosa di inaspettato, ovvero che a corredare di una defense in grado di dominare quasi tutti gli avversari affrontati lungo il cammino è arrivato un attacco capace di mettere costantemente punti sul tabellone e ridurre al minimo gli errori, migliorando in quasi tutti gli aspetti del gioco rispetto ad una stagione 2017 che aveva lasciato l’amaro in bocca soprattutto per le prestazioni rivedibilissime della linea offensiva, sensibilmente cambiata durante l’offseason ed ancorata intorno ai tanti volti nuovi, dai veterani Riley Reiff e Mark Remmers al promettente rookie Pat Elflein.

Con il “vecchio” Joe Berger e l’emergente Jeremiah Sirles hanno costituito il quintetto che ha protetto in modo ottimale un sorprendente Case Keenum, migliorato a tal punto da chiudere alle spalle del solo Drew Brees, che ritroverà sul lato opposto del campo tra pochi giorni, con un positivissimo 67,6 percento di passaggi completati rispetto a quelli tentati; destinatario principale dei suoi lanci il brutto anatroccolo diventato ormai cigno Adam Thielen, tifosissimo di Minnesota fin dalla tenera età e capace di realizzare il sogno di qualsiasi fans vichingo diventando uno degli uomini di punta del team.

Lui, Stefon Diggs e il capitano Kyle Rudolph sono stati determinanti lungo un cammino che ha visto i Vikings perdere una sola sfida nelle ultime dodici, uscendo sconfitti solo dalla trasferta a Charlotte di cinque settimane fa, quando i ragazzi di coach Zimmer persero di 7 punti al cospetto di Cam Newton e soci; una lose salutare forse per riportare con i piedi per terra un gruppo che stava girando a mille e che ormai ha trovato un suo equilibrio a partire dal backfield offensivo, dove Latavious Murray si è rivelato un investimento azzeccatissimo, in grado di sostituire degnamente Cook e completarsi a vicenda con lo scattante Jerick McKinnon, in crescita con il passare delle week.

Feeling che invece non è mai mancato tra i vari componenti del reparto difensivo, tenuti costantemente sulla corda da Zimmer e capaci di controllare assiduamente le partite, alzando continuamente la pressione sugli attacchi avversari con i vari pass rusher Everson Griffen, Danielle Hunter e Brian Robison, unico reduce di quel team che perse il Championship del 2009 proprio contro New Orleans, e piantonando le sideline con due giocatori abilissimi in copertura come Trae Waynes e Xavier Rhodes, anima delle secondarie al pari della straordinaria safety Harrison Smith.

Difesa ma non solo, anche attacco, perché se c’è una cosa che è stata dimostrata durante la regular season di quest’anno è che i Vikings possiedono due reparti capaci di lavorare in estrema sintonia, tanto che quando la offense ha faticato a raggiungere l’endzone avversaria ci ha pensato la defense a stringere le maglie, serrare le fila, e stringere i denti fino a vincere la partita, viceversa quando quest’ultima ha concesso troppo, lasciando yards e punti agli attacchi affrontati, Keenum e compagni si sono dati da fare trovando le giocate decisive per portare a casa il risultato; una sintonia che difficilmente si è vista in altre occasioni dalle parti di Minneapolis e che ha raggiunto il primo importante traguardo nel 16-0 sui Packers della sedicesima settimana, una win che ha matematicamente assegnato il titolo divisionale a Minnesota, tornata in vetta alla North a distanza di due anni.

 

Alcune statistiche

Non è di certo una novità da quando Mike Zimmer ha preso in mano i Vikings e anche quest’anno la difesa ha primeggiato in alcuni ranking guidando precisamente la NFL in yards, 276, e punti, 15.8, concessi a partita, e stabilendo un nuovo record all-time per percentuale di terzi down fatti convertire agli avversari, che solo nel 25.2 percento delle occasioni sono riusciti a superare la fatidica linea arancione tanto cara a chi segue il football in TV.

Ma il dominio che il reparto difensivo di Minnie ha avuto sul terreno di gioco si intravede anche in altre categorie statistiche, a partire da quella riguardante i quarterback affrontati, costretti a mantenere un rating pari appena al 73.0 che si traduce nel terzo miglior risultato della lega; ma non solo, i Vikes sono secondi per rushing yards concesse a match, 83.6, e yds concesse a ricezione, 10.6, nonché i migliori del football professionistico per quanto riguarda il pass più lungo messo a segno da un giocatore avversario, incredibilmente subito in week 1 proprio contro i Saints, quando Drew Brees pescò TommyLee Lewis in campo aperto.

Come anticipato però i purple & gold quest’anno sono parecchio incisivi anche in attacco e ad un quarterback risultato il secondo migliore della NFL per percentuale di pass completati unisce un WR, il già citato Thielen, che ha concluso al quinto posto tra i receiver con 1,276 yards, attestando un miglioramento generale sul lato offensivo della palla che si è giovato non poco dello straordinario lavoro svolto dalla OL, decisamente più solida rispetto al 2017 come sottolineano i centesimi di secondo in più concessi al QB per lanciare, 2,77 contro i 2,48 della passata stagione, e gli appena 27 sacks subiti dallo stesso pitcher in regular season, 11 in meno se confrontati con dodici mesi fa, quando i vichinghi chiusero nei bassifondi del ranking, al ventiquattresimo posto, ben diciotto posizioni più in basso di quanto fatto nel 2018.

Sesta nella pass protection e diciannovesima in run blocking, la O-line dei Vikes ha cambiato volto, in tutti i sensi, nel giro di pochi mesi, scalando delle classifiche che l’avevano vista chiudere rispettivamente al diciassettesimo e trentesimo posto l’anno passato, ben distante dai reparti di vertice; una crescita che ha portato benefici a tutti, dal quarterback che ha avuto statistiche considerevoli in ogni ambito ai runningback che sono tornati a produrre con costanza, segnando ben 7 touchdowns e correndo per oltre 700 yards in più rispetto alla season ’17, quando prima Peterson e successivamente Asiata e McKinnon videro le loro prestazioni crollare a causa della debolezza del quintetto chiamato ad aprirgli la strada.

Notevoli, infine, anche i numeri fatti registrare dagli special team, che se da un lato non hanno risentito della partenza di Cordarelle Patterson chiudendo terzi in NFL con medie di vertice sia nei kick, 24.8, che nei punt, 9.5, return, dall’altro hanno costretto quasi sempre gli avversari a partire da pessime posizioni di campo grazie alla precisione del punter Ryan Quigley che ha guidato la lega con 0 touchback e 33 fair catch, concludendo la stagione regolare al decimo posto con 29 palloni calciati all’interno delle 20 yards nemiche.

Pro

La Difesa rimane senza ombra di dubbio l’arma in più di questa squadra e il fatto di affrontare buona parte del cammino tra le mura casalinghe del US Bank Stadium potrebbe portare ulteriori benefici ad un reparto che sul terreno amico non ha consentito mai più di 19 punti ai team avversari, costringendoli molto spesso a snaturarsi o provare soluzioni alternative rispetto a quanto fatto vedere sul campo in altre partite; Anthony Barr e Eric Kendricks hanno raggiunto ormai un affiatamento notevole dopo aver giocato per anni insieme anche a livello universitario e sono in grado di coprire il gridiron da una sideline all’altra senza alcun problema, senza contare che anche la matricola Ben Gedeon, prodotto di Michigan, ha lavorato molto bene sul lato debole nelle ultime settimane, quando Zimmer lo ha promosso nello starting lineup. Con Harrison Smith e Andrew Sendejo sempre pronti a blitzare e con l’ex Notre Dame che si sta rivelando un playmaker di altissimo valore i Vikings hanno tutti i mezzi per mettere in difficoltà qualsiasi offense si trovano di fronte e creare grattacapi anche ai passer più esperti. Insomma, utilizzando un po’ di quel gergo tanto caro a noi appassionati di football, “caldi sono caldi, bisogna solo vedere se reggeranno fino in fondo”.

Case Keenum vive in uno stato di grazia, è palese e sarebbe forse stupido negare l’evidenza, ma nonostante tutti, me compreso, si chiedano quando questo finirà e il prodotto di Houston tornerà a far danni come ha fatto nel recente passato in altri lidi, il numero 7 non molla un colpo, e ad ogni partita mostra qualcosa di nuovo che non aveva mai fatto vedere sui campi del football pro in precedenza, vedi queste doti improvvisate di scrambler misto ragioniere quando c’è da conquistare un down e tutti i ricevitori sono coperti; giocate che, la mia poca esperienza da divoratore di football in TV insegna, fai solo quando sei assolutamente sicuro delle tue capacità ed hai piena fiducia in te stesso ed in tutto ciò che ti circonda, ma un conto è la regular season con i suoi tempi per recuperare e rimettersi in carreggiata, di ben altra sostanza è un match di postseason, in cui la tensione può giocarti bruttissimi scherzi e basta un errore per stravolgere tutto il tuo piano di battaglia rendendo deboli quelle che fino ad un attimo prima erano le tue indissolubili certezze. Case non è stato proprio del tutto perfetto finora ma ha saputo reagire ed affrontare ogni situazione con una maturità ed una consapevolezza mai vista prima, trasformando in positivi anche quegli sbagli che forse, in una sua vita sportiva precedente, lo avrebbero esposto a quelle sabbie mobili che risultano tanto deleterie a molti suoi colleghi, e questo dimostra certamente che ha un carattere indomito e combattivo, probabilmente, anche se non lo ha mai esposto del tutto, pure da condottiero, decisamente meno appariscente e più silenzioso di tanti altri.

Adam Thielen come anticipato vive un sogno ad occhi aperti ma allo stesso tempo possiede quella speciale forza interiore di cui sono dotati tutti quei giocatori che oltre a coronare i loro desideri espressi quando erano ancora bambini, hanno la fortuna di poter vestire i colori della squadra del cuore; è vero, la tensione è sempre un cliente scomodo ed oscuro, ma immaginatevi voi stessi se davanti alle vostre pupille, oltre alle griglie delle vostre facemask, osservaste i vostri compagni schierati sulla linea di scrimmage, al vostro fianco, pronti a spendere ogni briciola del loro sudore per raggiungere un traguardo che potrebbe risultare storico, snap dopo snap, down dopo down, partita dopo partita, nel tentativo di guadagnarsi altri 60 minuti di puro e semplice football sette giorni più tardi. Immaginate tutto questo e pensate alla storia del ragazzo che veste la divisa numero 19 dei Vikings, a tutti gli ostacoli che ha dovuto superare per entrare, prima, in NFL e diventarne, poi, uno dei receiver più produttivi dopo essersi conquistato un posto al sole della depth chart con le unghie e con i denti, lottando giorno per giorno; che ha carattere lo ha dimostrato, unendolo a delle qualità tecniche sicuramente invidiabili e a delle motivazioni che potrebbero risultare maggiori, se non addirittura utili a spronare i suoi compagni, immaginarlo come uno dei trascinatori di questi Vikes non è affatto utopia.

Contro

Minnesota è uscita dalla corsa playoffs due stagioni fa per un field goal sbagliato da Blair Walsh, ragazzo che dopo quell’errore non si è più ripreso e ha lasciato il team che gli aveva aperto le porte della NFL a distanza di pochi mesi, ed anche quest’anno, nonostante i tanti punti messi a segno, il suo successore Kai Forbath ha avanzato diversi punti interrogativi, mostrando a tratti un’inconsistenza che potrebbe risultare negativa in una partita da dentro fuori come quelle della postseason. 32 i FG trasformati su 38 calciati con addirittura due errori tra le 30 e le 39 yards che lasciano parecchi dubbi sulla gamba del kicker dei Vikings, e che di certo riportano a galla paure e fantasmi mai del tutto dimenticati in quel di Minneapolis.

Come già evidenziato in precedenza la domanda che tutti si fanno è quanto durerà questo momentum di Keenum, e se si analizzano tutti i numeri della stagione dei Vikings si comprende come basterebbe che una sola delle componenti che hanno portato l’ex quarterback di Texans e Rams a giocare a questi livelli cedesse per rimettere in discussione tutto e rendere molto meno solida la squadra allenata da coach Zimmer; come sempre con i se, i ma, i dubbi, è difficile stabilire ciò che può accadere nel prossimo futuro, ma certamente va tenuto in considerazione che in ogni caso, nonostante i problemi con cui improvvisamente si trovi a fare i conti l’attacco, Minnie può contare su una defense che molto probabilmente è in grado di vincere la partita da sola. Di fatto, se le cose dovessero complicarsi, al numero 7 verrà chiesto solo di non incorrere in errori così madornali da mettere a rischio l’esito finale delle partite.

I numeri e le coincidenze positive intorno ai Vikings iniziano ad essere tante, forse addirittura troppe, e se è vero che soprattutto in uno sport come il football i primi non mentono mai, la più classica delle eccezioni pronta a confermare ogni regola è sempre in agguato dietro l’angolo; molti esperti d’oltreoceano nei giorni scorsi hanno scritto articoli, post, tweet, in cui mostravano similitudini tra le statistiche fatte registrare da Minnesota nel 2017 e quelle messe a referto dai team che hanno conquistato il Vince Lombardi Trophy negl’ultimi anni, e per quanto sia di buon auspicio tutto questo, spesso avere numeri, cabala, e perché no, anche karma a favore, non è del tutto positivo. Toccherà dulcis in fundo ai purple & gold dimostrare fino in fondo quello che realmente valgono.