Recap Week#8: Chicago Bears @ New Orleans Saints 12 – 20

Quando la sfiga sembra abbastanza, ci mettiamo anche qualcosa in più.


Che la sfida di week 8, in casa dei lanciatissimi Saints sarebbe stata durissima era ben chiaro a tutti.

Nemmeno il più pessimista si sarebbe aspettato però che si potesse rivelare una tappa così dura, non solo per la compagine guidata da Drew Brees, da segnare senza dubbio la nostra stagione e, probabilmente, la carriera di uno dei nostri migliori giocatori.
Lo spettacolo andato in scena alla Super Dome Arena di New Orleans dal punto di vista di un tifoso Bears assume i tratti di un film di Oren Peli, in una serata che ha visto di tutto: da falli commessi stupidamente a gioco fermo ad infortuni agghiaccianti, fino a toccare decisioni arbitrali conditi da follie visionarie, il tutto impiattato su una partita fondamentalmente lenta, sfibrante e logorante, contraddistinta da pochi lanci e da molte, troppe corse infruttuose miste ad un’alternanza di punt.

La partenza ci dà coraggio: di fronte ad una leggenda del football ed un attacco che solo nelle ultime 3 partite ha messo a segno qualcosa come 98 punti (mentre noi, da inizio anno, ne abbiamo messi a segno 171) riusciamo a costringere i Saints al field goal: ma ecco il primo segnale di allarme di una serata diabolica: Kyle Fuller (CB), in fase di posizionamento nello special team, commette un offside avanzando troppo e superando la linea di scrimmage, consegnando nella maniera più stupida il 1°&Goal a New Orleans.


Nell’azione successiva è Alvin Kamara ad entrare in end-zone palla alla mano e fissare, con il PAT di Lutz, il risultato sul 7 a 0.
Il nostro attacco entra in campo quando il cronometro segna 4 minuti.
L’inizio sembra incoraggiante: scrambler di Trubisky, 4 yard. Atre 3 corse e un pass di Howard ci danno un altro down. Ma sul 3° e 3 viene chiamato un passaggio che viene deviato da Okafor (OLB) che ci costringe al primo dei tanti punt che vedremo in tutta la serata.
Nel drive successivo la nostra difesa riesce ad arginare l’attacco gigliato, mettendo a segno anche un sack per una perdita di 8 yard del solito Akiem Hicks.
Il rientro in campo del nostro attacco attiva il secondo segnale d’allarme della serata: al primo drive Kyle Long si infortuna alla mano: rientrerà però nel corso del match.
Un buon lanci di Trubisky su McBride per 26 yard fa avanzare la catena, ma le corse di Howard trovano sempre più di frequente una difesa preparata (con un ottimo Kenny Vaccaro alla guida) ad arginare il fortissimo RB, concedendo pochissimo. Ricorriamo quindi al field goal in apertura di 2° quarto con Connor Barth che dalle 27 yards infila il calcio, fissando il punteggio sul 7 a 3.

Le due azioni successive sono ancora segnate dalle difese: il drive di New Orleans dura solo per 4 play con un guadagno complessivo di 14 yard prima del punt.
Leonard Floyd metterà a segno anche un sack per una perdita di 5 yards. Ma è durante questo apparentemente insignificante drive che arriva il 3 segnale di allarme: Kamara (RB) viene placcato da Christian Jones (ILB) commettendo un fumble prontamente ricoperto da Eddie Goldman (DT). Viene chiamato il challenge: l’azione viene rivista, e purtroppo si mantiene la stessa inerzia che nelle ultime partite ci ha contraddistinto: quando c’entrano di mezzo arbitri e le review, Chicago inesorabilmente è sempre dalla parte che non sorride.
E questa occasione non fa eccezione: ginocchio a terra prima della perdita della palla e quindi ancora palla a New Orleans (le immagini per noi comuni telespettatori sono tutt’altro che chiare, e considerando le decisioni arbitrali nell’intera partita qualche dubbio lecitamente ci viene alla mente).
Tocca di nuovo al nostro attacco che purtroppo però stenta a decollare: le corse vengono ben arginate, e nonostante la nostra linea tenga egregiamente (anche se durante questo drive Trubisky subirà il primo sack della partita da Vaccaro e Jordan) è la scarsità di target liberi a bloccare i lanci, che spesso finiscono comunque fra le braccia dei nostri RB con degli screen pass.
Si va quindi di nuovo al punt.
Nel drive successivo un lancio corto di Brees per Mark Ingram che guadagna 8 yard prima di saltare evitare il placcaggio di Fuller. Nella collisione il RB gigliato però si ritrova letteralmente sottosopra perdendo l’ovale che prima sembra essere recuperata con l’altro braccio, poi viene ricoperta a terra da Unrein. La palla comunque rimane a New Orleans.


In questo frangente non ho davvero capito perché Fox non abbia chiamato un challenge in una situazione più che dubbia.
Ma un veterano come Drew Brees non si fa certo spaventare, e con altre corse di Ingram e Kamara e due lanci corti per Thomas (WR) e Hill (TE) riesce a guadagnarsi il 1st&Goal che nel play successivo sempre Ingram converte in touchdown con una corsa da 1 yard.
3 – 14 e andamento della partita che ci rimanda mentalmente a scenari disfattistici di Cutleriana memoria.
Ma in campo non c’è più Cutler, ma bensì un ragazzo che guida un attacco sicuramente raffazzonato e fra i peggiori della NFL in quanto a ricevitori, ma con cuore e coraggio da vendere.
2 corse di Howard ma soprattutto 2 lanci di Mitchell Trubisky ci fanno avanzare dalle nostre 20 fino alle 33 dei Saints: prima con un lancio per Kendall Wright per un guadagno di 12 yard, poi con McBride per altre 25.
La difficoltà dei WR nel trovare lo spazio però è quasi palpabile, la OL fatica e non poco a tenere dei blitz forzati dal tempo e dalle poche yard dalla end-zone.

Fotogramma della partita con in sottofondo, quasi come una colonna sonora, il “Covered, covered, covered, covered!” dei commentatori.

Prima Trubisky si libera del pallone una volta uscito dalla tasca, poi Howard e Cohen non riescono a guadagnare yard su corsa, addirittura finendo col perderne. Un altro incompleto per Miller serve l’antipasto per il sack successivo, secondo di giornata, ad opera del DE Trey Hendrickson. Si va al calcio dalle 48 che Connor Barth calcia a lato e che in pratica manda le squadre negli spogliatoi.

Halftime. Bears 3 – Saint 14. Partita virtualmente chiusa, considerando la nostra sterilità in attacco.

La ripresa non sembra iniziare diversamente dalla prima parte: subito due drive, 1 per parte, con il solito esito: punt.
Ancora corse con poco guadagno, ancora un passaggio incompleto, questa volta per Cohen.
Ma il drive successivo sarà quello che racchiuderà in sé tutta la tremenda serata per i Bears.
E pensare che l’azione è iniziata con una corsa centrale di Howard per un guadagno di 50 yard (limitato dal fatto che Howard ha un’ottima accelerazione ma non un’altrettanta velocità).
Dopo l’ennesimo lancio incompleto un lampo accende i cuori Navy&Orange: McBride riesce finalmente a trovare un po’ di spazio e Trubisky non se lo fa dire due volte: lancio e ricezione per 22 yard, che sposta la catena fino alle 25 di New Orleans.
Ed è su questa azione chiave che i segnali di allarme sopracitati diventano sirene assordanti che ammutoliscono ogni tifoso Bears facendo esplodere la Super Dome Arena: trips right formations, con Trubisky che subito osserva alla sua destra e “si inventa” uno spazio al millimetro che trova Zach Miller in end zone con un lancio di 25 yard: grande ricezione TOUCHDOWN con Miller che rimane a terra toccandosi il ginocchio.


Ma è qui che viene chiamata una review fra lo stupore generale, compresi i commentatori, che non si spiegano il perché.
Il referee Carl Cheffers chiama una riverse dopo aver visto il video ed annulla quindi il touchdown convertendolo in un passaggio incompleto.
Non solo, nel replay del video si nota il movimento innaturale del ginocchio di Miller che, per farla breve senza ricorrere a termini complicati, si piega in maniera contraria al normale.
Le immagini, che preferiamo non inserire in questo recap per non urtare la sensibilità dei lettori, sono inquietanti e lasciano solo lo sgomento ai tifosi a casa e ai commentatori.
In messo ad un corri corri di medici e giocatori che arrivano prontamente su Miller, gli unici ad esultare, sicuramente ignari della situazione, sono i tifosi di New Orleans.
E’ chiaro che l’infortunio è grave ma la partita continua.
(Ogni notizia aggiuntiva potrete trovarla a fine recap).
L’attenzione si focalizza quindi sul TD, che lascia interdetti anche I commentatori, che dopo l’ennesimo replay da ogni angolazione possibile chiedono l’ausilio al Fox Command Center e a Dean Blandino che semplicemente afferma:

“I’m looking at this like you guys, and he when he it to the ground he had the ball in his left arm. Obviously, the injury occurs but he maintains the control rolled over and because he is in such pain and let the ball goes. For me it’s look like a catch.”

Opinione che ha poi ri-sottolineato nella giornata di ieri, con il suo articolo https://www.foxsports.com/nfl/video/1084036675559 in cui inchioda la scelta del referee.

Tutto inutile quindi, con i Bears che a quel punto ricorrono al field goal e si portano sul 14-6.
Le azioni successive finiscono nuovamente con dei punt, probabilmente segnati da dei Saints un po’ scossi da questa accelerata dei Bears, e dai nostri un po’ spaesati e sgomenti dopo l’annullamento del touchdown e l’infortunio di Miller (le nostre migliori mani in campo).
I Saints riescono comunque a mettere un field goal ed a portarsi sul 17 – 6, chiudendo la partita.
Ma ancora una volta, l’ennesima di questa stagione, è la nostra difesa a riportarci in partita con Bullard (DT) che forza un fumble prontamente ricoperto da Christian Jones (ILB).
E inaspettatamente, l’attacco ringrazia: dopo due drop di Sims (TE) (di cui uno molto grave, che rischia di mettere palla in mano a New Orleans) è lo stesso Trubisky a correre per ben 46 yard (e probabilmente sarebbero state di più se McBride avesse tenuto il blocco ancora per qualche istante).
Un altro paio di lanci (uno per Sims e uno per Wright) ci avvicinano ulteriormente. E sul 3o&7 dalle 10 dei Saints l’arbitro nuovamente interviene a sproposito: Sims riceve poco prima della chiusura del down, dove viene placcato.
Il referee chiama Carl Cheffers un facemask regalandoci quindi il 1o&Goal da 1 yard.
Facemask che, e lo dico da tifoso Bears, non esiste in nessun mondo. Tra l’altro, chiamato sulla safety Marcus Williams che è molto distante da Sims e che aiuta il placcaggio del LB Vaccaro.
Insomma, è evidente che in questa week per la classe dei referee c’è qualcosa che non va.
Sull’azione successiva è Tarik Cohen a spiccare il volo e ad entrare in end-zone. TOUCHDOWN!


E partita che si potrebbe riaprire con una conversione da 2, giustamente giocata, che purtroppo non trova come al solito ricevitori liberi, con Kendall Wright che non riesce a ricevere sul passaggio millimetrico di Trubisky.
Partita comunque sul 12 – 17 e inaspettatamente riaperta anche se mancano solo 4 minuti alla fine e New Orleans palla alla mano.
Semmai ci fosse qualche dubbio sul cambio di mentalità di questa squadra, sicuramente il drive successivo avrà fatto cambiare idea anche al tifoso più anti Fox-Pace, elevando Vic Fangio e la difesa ad una sorta di dei degni dell’Olimpo: Trevathan placca Kamara con Amos che forza un fumble che lui stesso recupera. 2 e 12 Minuti al termine, 12 – 17 , palla in mano, possiamo farcela!
Ma purtroppo per noi non sempre possiamo aspettarci che Trubisky trovi il millimetro giusto. Il drive successivo, carico di speranze e di attesa, finisce presto: 1 down conquistato grazie ad un passaggio su Brown (TE) subentrato all’infortunato Miller ma 4 passaggi incompleti, di cui 1 sul 4th e 1, rimettono palla in mano ai Saints che grazie ad un lancio profondo di Brees trovano la nostra secondaria un po’ impreparata (considerando che probabilmente tutti si aspettavano una corsa per prendere tempo). La nostra difesa è ancora brava a non concedere il touchdown fermando nuovamente New Orleans e concedendo solo il field goal dalle 49 yard che porta la partita sul definitivo 20-12.
Nel drive seguente non cambierà, purtroppo per noi, niente. La poca abilità dei receivers nel trovare spazio e con ormai niente da perdere portano Trubisky a forzare un passaggio chiaramente senza pretese che viene intercettato da Lattimore (S).

Si chiude quindi sul 12 – 20 la partita. I Saints vincono non senza difficoltà.

Per Chicago le solite conferme sono rese un po’ meno importanti dall’infortunio di Zach Miller e dagli evidenti problemi dei ricevitori nell’ottenere lo spazio per la ricezione.

Innanzitutto: Zach Miller sta (relativamente) bene.
Subito dopo l’infortunio è stato trasportato d’urgenza al University Med Center di New Orleans dove ha subito un intervento vascolare al ginocchio, a causa della lacerazione dell’arteria poplitea che avrebbe comportato l’amputazione dell’arto. La prontezza dello staff medico sul campo e dei chirurghi hanno per adesso sventato questa possibilità.


Il nostro Zach rimane comunque sotto osservazione poiché la situazione è stabile ma non ancora del tutto risolta.
Ci vorrà molto tempo e ancora diverse operazioni per i fasci nervosi e i legamenti, secondo il dottor David J. Chao, per poter valutare il recupero della capacità dei deambulare.
Purtroppo, in situazioni come queste, pensare ai tempi di recupero per il campo sembra praticamente una presa in giro.

Voglio sorvolare sulle polemiche arbitrali cercando di rifarmi al principio del rasoio di Occam: in fondo, le immagini parlano da sole senza che ci aggiunga niente di mio.
In un recap difficile come questo è ancora più difficile trovare un migliore e un peggiore:

come migliore mi sento di dire Christian Jones (no, non sono uno di quelli che dice Zach Miller quasi in tono commemorativo), ILB che ricordo ha iniziato come 2a scelta della practice squadra dopo John Timu, e che si sta dimostrando assolutamente in grado di giocare in NFL. Cosa che, dalle notizie fresche di oggi che riportano la sospensione per 10 partite per Jerrell Freeman per PED (recidivo e già messo in guardia dalla dirigenza dei Bears), può assumere un certo peso.
Per lui 7 tackle di cui 5 da solo, 1 fumble forzato ed 1 ricoperto, ed in generale una sicurezza inaspettata là in mezzo.

Come peggiore purtroppo dove citare il nostro Offensive Coordinator Dowell Loggains, reo di avere delle chiamate piuttosto dubbie e ripetitive, che uccidono il ritmo di una air-raid già problematica di per sé. Su di lui, inoltre, aleggia anche l’incubo di un playbook che, sebbene non si possa cambiare da una settimana ad un’altra (e sarà importantissimo vedere queste 2 settimane con la bye week cosa frutteranno) non sembra però nemmeno far progressi, a fronte di un QB che nonostante la mancanza di esperienza sembra avere una precisione di lancio ed un atletismo più alto della media della NFL, capace di ricorrere efficacemente allo scramble quando si presenta l’occasione, di avere personalità nella tasca e soprattutto un profilo basso, che non guasta mai. Ci sarà da lavorare intensamente in post-season per l’attacco, orfano di 3 elementi su 5, i 3 elementi più importanti: Meredith, che tornerà il prossimo anno, White, che per me verrà tagliato, e Zach Miller, che purtroppo non credo rivedremo su un campo da football.

Anche in recap tristi e sconsolati come questo, come sempre,
BEARDOWN!


firma-luca