Jimmy Graham, una storia da record.

Capita, a volte per caso, di imbattersi in una storia straordinaria, commovente e allo stesso tempo gioiosa, di quella gioia particolare che è la linfa della vita stessa, una storia che merita di essere raccontata, seppur in modo veloce e riassuntivo, perchè meriterebbe davvero di essere ricostruita e rivissuta a fondo, andando ad analizzare ogni piccola sfaccettatura, ogni minuscolo attimo, per capire come a volte, cambiare le stelle che indicano il nostro sentiero, e inderettamente decidono il nostro destino, non sia così impossibile.

La Gioia. Mi è capitato, nella mia ancor giovane vita, di partecipare ad un evento, ad un matrimonio, nel quale il parroco chiuse la sua accorata predica invitando gli sposi a “Portate la Vostra Gioia nel mondo, donatela a chi vi sta a fianco, perchè la Gioia è Vita“, ecco, il protagonista di questa storia, questa Gioia, e di conseguenza l’annessa missione, l’ha resa quasi una ragione di vita, perchè quello che è stato, ciò che ha passato, lo hanno reso l’uomo felice e sorridente che consociamo oggi.

JImmy Graham Saints1Il suo nome è Jimmy Graham, talento tra i più cristallini della National Football League, l’atleta del momento, l’uomo dei record, ragazzo che in appena tre anni e qualche mese di professionismo ha letteralmente riscritto i primati del ruolo di tight end, superando in diverse classifiche un mostro sacro come Tony Gonzalez, e duellando spalla a spalla, almeno fino alla scorsa stagione, con il temutissimo avversario Rob Gronkowski.

Oggi lo conosciamo così Jimmy, un marcantonio di 2 metri per 120 chilogrammi, sempre pronto a regalarci un sorriso davanti alle telecamere o festeggiare in maniera vigorosa dopo uno dei suoi tanti touchdowns, già 31 quelli realizzati in carriera, tra i grandi, dove è giunto nel 2010, quando venne scelto al terzo round del Draft dai New Orleans Saints, alla ricerca di un nuovo target da inserire nel collaudatissimo passing game orchestrato da Drew Brees.

Per scoprire chi era, o almeno conoscere il suo passato, dobbiamo però andare indietro, a ritroso, per circa sedici anni, nel 1997, e spostarci a Goldsboro, in North Carolina, dove un ragazzino undicenne viene improvvisamente caricato su un’auto dai suoi genitori e scaricato dinnanzi ad un orfanotrofio, lasciando allo stato l’incombenza di cercargli una famiglia dove vivere e dove crescere.

Da qui, da quest’immagine che fa rabbrividire ogni madre e padre del mondo, parte la storia di Jimmy Graham, un susseguirsi di famiglie e case cambiate, di piccole situazioni tragiche, e di dolore, tantissimo dolore, sia fisico che spirituale, come quello che può irrimediabilmente segnare il cuore di un ragazzino abbandonato a se stesso; in un documentario racconta un passaggio di quel periodo, di un furgone zeppo di bambini, tutti sistemati come fossero bestie nel vano posteriore; una storia di violenza, di botte, di pugni e calci presi fino ad avere gli occhi talmente gonfi da non riuscire nemmeno più a piangere.

Jimmy GrahamUn’altra immagine, più forte e terribile di quella che abbiamo immortalato nella nostra testa poche righe fa, ma non c’è nemmeno il tempo di fermarsi e riflettere, perchè la sua esistenza, attaccata ad un filo così sottile da non riuscire nemmeno a tenerlo in mano, va avanti, e si fa strada tra mille peripezie in un mondo così crudele e dannato che non sembra neppur essere reale.

Passano tre anni, i luoghi e le stanze cambiano con una velocità vorticosa, e dopo i continui abusi, all’età di quattordici anni, gli assistenti sociali decidono che non c’è soluzione migliore che riaffidare Jimmy alla propria madre naturale; mamma che forse, sarebbe più onesto definire snaturata, perchè solo una persona del genere riesce a mandare in giro un figlio come fosse un vagabondo, solo e abbandonato a se stesso, abituato a strappare qualche pasto di fortuna ai compagni di scuola o agli amici di Goldboro.

Ma a volte si sa, la vita è strana, in un piccolo millesimo di secondo, è capace di metterti davanti a quel fatidico treno, quell’unica occasione, che ti da la possibilità di cambiarla; basta aver la forza di salire quei gradini e prenderlo al volo, senza voltarsi indietro, con la volontà di guardare solo avanti e vivere appieno una nuova avventura.

Becky VinsonAvventura che per Jimmy ha le sembianze di un Angelo, un volto di una donna, e un nome, Becky Vinson, sorella venticinquenne di una sua compagna di liceo, che a forza di vedere quel ragazzino spiantato nella sua cucina, alla ricerca di un pasto caldo, capisce che deve fare qualcosa; certo, le possibilità sono quelle che sono, vive in una roulotte, con la piccola figlia, e sta cercando di completare gli studi da infermiera, i soldi sono pochi, i dubbi tanti, ma c’è un punto di non ritorno, in questa storia, in cui la ragazza intuisce che è giunto il momento di intervenire.

E’ inverno a Goldsboro, e quel ragazzino che da tempo frequenta la sua abitazione, quel giorno porta gli stessi vestiti che indossava qualche mese prima, pantaloncini, canotta, e scarpe da ginnastica, rigorosamente bucate. Un’altra immagine, la terza di questa storia, forse meno dura di altre, ma pur sempre difficile da dimenticare, come quello sguardo un po’ spaesato di Jimmy, tipico di quelli che più che vivere, sopravvivono, e che fa breccia, definitivamente, nel cuore di Becky.

Da quella sera il futuro campione NFL non lascerà mai più la casa della persona che presto diventerà la sua madre adottiva, così diversa da quella biologica, che anni prima, dopo l’ennesima dose di botte e abusi, quando venne cercata dal suo stesso figlio per chiedergli di tornare a vivere con lei, non seppe far altro che riattaccargli il telefono in faccia.

A casa di Becky, Jimmy arriva con un sacco della spazzatura dentro il quale tiene i suoi pochi vestiti; tre cambi, giusto il necessario per fronteggiare la settimana scolastica, e nemmeno il vestito buono della domenica; entra così nella roulotte della ragazza, con quattro stracci e un futuro pieno di ombre davanti, segnato dalla sua incapacità di imporsi nella scuola come nella vita. Se ne andrà quattro anni più tardi, ed uscirà da quella porta con in tasca una borsa di studio per giocare a basket all’università di Miami, in Florida, e tanti nuovi sogni nel cassetto.

Jimmy Graham basketOrmai ero talmente abituato ad essere una nullità che non mi interessava più niente; Becky mi ha cambiato, mi ha parlato, mi ha ascoltato. Io avevo semplicemente bisogno di qualcuno che mi dicesse cosa fare e come fare, che credesse in me e mi spronasse ad andare avanti; avevo bisogno di questo, solo di questo, e lei lo ha fatto“, così descrive il suo rapporto con la Vinson in un’intervista nel suo primo anno a Coral Gables, quando da matricola si fece strada nel team di pallacanestro, risultando uno dei più promettenti della nuova nidiata di The U.

A Miami Jimmy matura come atleta e come uomo, si forgia, e continua a seguire la sua strada, con impegno e dedizione, riuscendo a conquistare due lauree in quattro anni, mentre continua a giocare con la squadra di basket e sfornare ottime prestazioni che lo rendono abbastanza famoso tra gli scout, tanto che alla fine della sua carriera universitaria gli arrivano più proposte per diventare professionista in Europa.

Con enorme sorpresa però Graham rinuncia al vecchio continente e decide di rimanere un anno in più a Coral Gables, per provare a prendere una laurea specialistica e, nel mentre, giocare un’ultima stagione a livello collegiale con la squadra di football, dove lo attende a braccia aperte Randy Shannon, desideroso di tirare fuori un valido tight end da un buonissimo giocatore di basket; cosa, tra l’altro, già riuscita, in NCAA, con talenti del calibro del già citato Gonzalez e Antonio Gates, cestisti, rispettivamente, a California e Kent State.

Il progetto, come ben sappiamo, riesce, e mentre Miami trova il receiver in grado di strechare il campo anche quando si trova nel traffico delle difese avversarie, Coral Gables si gode uno studente che è diventato una vera e propria icona nel campus; come racconta il rettore Donna ShalalaIo sono sempre interessata a conoscere i miei studenti, e a conoscere questo ragazzo ci tenevo particolarmente, perchè avevo sentito della sua difficile storia; era incredibile, mai avrei detto che un ragazzo che aveva un sorriso per tutti, che era conosciuto e stimato da tutti, avesse avuto un passato così duro.”

Jimmy Graham FootballUn passato che Jimmy si era lasciato alle spalle, e che pertanto richiede una nuova immagine, questa volta decisamente positiva; a scattarla, per noi, è sempre la rettrice “Quando Graham si presentò alla cerimonia per la laurea specialistica, e salì sul palco per ritirarla dalle mie mani, davanti a centinaia di persone, è successa una cosa che non avevo mai visto prima; mi è capitato, come spesso accade, di guardare verso la folla, dove un insieme di ragazzi e genitori assistevano, e per la prima volta in vita mia, ho visto che molti di loro avevano le lacrime agl’occhi o se li stavano asciugando dopo essersi commossi, perchè in tanti conoscevano la storia di questo ragazzo. Tra i più singhiozzanti, e visibilmente emozionata, c’era Becky Vinson, colei che meglio di ogni altro era al corrente di quello che aveva passato Jimmy.”

Ma la storia di Graham, di certo, non finisce qui, perchè la laurea è solo un’altro gradino sulla scala della sua risalita, il passo successivo è infatti uno di quelli che noi fans di football NFL conosciamo meglio, ovvero il Draft, quello del 2010, già citato in precedenza; quello che però non sappiamo, è un retroscena curioso, avvenuto pochi mesi prima, al Super Bowl disputato a Miami, dove si affrontarono New Orleans e Indianapolis.

Quella sera, il 7  febbraio, sugli spalti del Sun Life Stadium, c’era anche Jimmy, che per l’occasione indossava il cappellino dei Saints, usciti vincitori, per 31 a 17 nella magica cornice della Florida, quegli stessi Saints che, appena due mesi più tardi, lo avrebbero vestito con i loro colori, aprendogli le porte del professionismo.

In NFL Graham, incide fin dalla rookie season, dimostrando ancora una volta di non aver paura di nulla e di essere un uomo e un atleta completo; il primo anno riceve per 356 yards e 5 touchdowns, ritagliandosi un buonissimo spazio nel passing game di New Orleans, del quale diventa protagonista indiscusso nel 2011, completando 99 ricezioni per 1,310 yds e 11 TD, che lo portano ad un passo dal record della lega, rinnovato, proprio in quella stessa stagione, da Gronkowski, che ne totalizza 1,327 battendolo per appena 17 yards.

Jimmy Graham SaintsNel 2012 si rinnova la sfida, questa volta a spuntarla è Jimmy, che chiude in vantaggio di 192 yards, 982 contro 790, alle quali aggiunge 9 segnature, che lo proiettano nell’elitè della NFL e lo avvicinano, sempre di più, a quel ruolo di target primario di Brees che è diventato defnitivamente suo in quest’inizio di stagione, in cui ha già fatto registrare due record, quello di partite consecutive con almeno 100 yards ricevute, 4, come Gonzalez nel 2000, e quello di primo tight end a vincere il riconoscimento di giocatore del mese, conquistato proprio a fine settembre.

Un’immagine, anche questa, che merita di essere ricordata, magari in attesa che una ancora migliore segni l’epilogo di questa incredibile storia, segnando una fine positiva, a realizzare il sogno di una carriera, in uno stadio stracolmo, al termine di un Super Bowl, vissuto, questa volta, non più come un semplice spettatore.

Un sogno che per Graham non ha la stessa importanza di quello che lui stesso ha già realizzato, quello di vivere, e di farlo nel modo migliore possibile “Se mi guardo indietro, se guardo alla mia infanzia, pur con tutto il dolore che ho provato, non cambierei nulla, perchè le disavventure che ho passato mi hanno permesso di diventare l’uomo che sono oggi. Ho perdonato le persone che andavano perdonate, sto ricostruendo anche il rapporto con la mia madre biologica, ma certamente certe cose, certe situazioni, non si dimenticano. Fanno parte di me, faranno sempre parte di me, ma penso di essere stato fortunato a vivere queste cose.”

Jimmy, il tuo Super Bowl, l’hai già vinto.