Jaguars: breve analisi post-massacro del Qualcomm

Forse è presto.

O forse addirittura è già tardi.

Fatto sta che lo spirito ottimista e se vogliamo aziendalistico che mi aveva travolto fino a domenica verso le dieci di sera è improvvisamente scemato, dopo essere stati scassati di cazzotti in faccia dai San Diego Chargers che gli analisti danno come una squadra da 6-10, tutt’al più da 7-9, dopo aver visto una brusca ridimensionata anche del valore della gara testa a testa con i Packers, ieri sconfitti dai Vikings che hanno raccattato un QB a una settimana da inizio stagione.

Jimmy Siettmann ha sottolineato come la gara sia stata subito messa in chiaro dai Chargers, e quanto i Jaguars non abbiano perso la loro buona abitudine di offrire il fianco ad inizio gara, così da permettere ad un attacco scafato di segnare tre touchdown nei primi quattro possessi, ed a una difesa che veniva rankata da PFF come la terza peggiore della NFL come front seven e la 14ma come secondaria di costringere al punt dopo 5 yard, e di guadagnare due turnover tra l’intercetto ed il fumble, entrambi di Blake Bortles.

Mettere statistiche di questa gara è come dover fare il medico legale sul cadavere del proprio gatto: i Jaguars sono andati a tabellone quando mancavano 13 minuti alla fine della partita, in pieno garbage time, quando Philip Rivers, Antonio Gates e compagnia bella erano già al bar a prendere il secondo giro di aperitivo. Ciononostante costretti a convertire un quarto down e, nel caso del penultimo drive, caduti proprio su una conversione di quarto

Aggressività, efficienza, attenzione alle penalità. Mi sembra di ripetere continuamente un mantra, ma di ripeterlo contro un muro, di ripeterlo ad un impiegato del catasto, a cui non frega un cazzo.

L’aggressività? Chi l’ha vista, con due TFL e appena due incompleti di Rivers nei primi quattro drive. Le prime azioni veramente dirompenti sono arrivate alla fine del primo half con il fumble provocato dal sack di Ngaokue (che poi resta a guardare cosa succede) e, nel drive difensivo successivo, dal sack di Dante Fowler, poi la gara entra in garbage time già al quinto minuto del terzo quarto, quando Tyrell Williams riceve da Rivers, prende a spallate con successo mezza difesa (contateli, sono cinque) e segna il 28-0. Forse possiamo annoverare nell’aggressività il tentativo di decapitare Danny Woodhead ma questo temo non deponga comunque a nostro favore.

L’efficienza? Tipo lanciare in una zona densa a Rashad Greene una palla flottante e stupirsi se Casey Hayward (tre intercetti in tre anni precedenti a Green Bay) la intercetta per la seconda volta nella partita, roba da mettersi due dita in gola da soli. Tipo convertire due terzi down su dieci tentativi, ed entrambi in pieno garbage time, dopo sette tentativi infruttuosi che hanno peraltro regalato un intercetto, un fumble ed una penalità di quel cazzone di Luke Joeckel, che probabilmente ci ritroveremo a Left Tackle da domenica prossima dato l’infortunio di Kelvin Beachum che verrà inserito nel protocollo per le concussion.

L’attenzione alle penalità? Certo, come no. Con 14 penalità per un totale di 93 yard contro le tre dei Chargers, con cinque (cinque avete letto bene) primi down regalati a una squadra che già ti stava suonando come le campane della chiesa alla fine di un matrimonio.

A questo punto la pazienza sembra correre via più in fretta, da ieri sera penso al fatto che la fiducia mostrata al coaching staff sia stata mal riposta e che quello che deve fare principalmente un coach è preparare mentalmente i propri giocatori a non essere una famiglia Brambilla in vacanza, ma a confermare al 200% quell’animale che portano raffigurato nello stemma della jersey. Gus Bradley evidentemente non ci riesce, e quel talento che a sprazzi viene fuori nei momenti in cui hai il pepe sul culo, tipo la tragica statistica che ci vede al 23% di positività sui terzi ed al 66% sui quarti down, viene gestito con un manico non sufficientemente rigido, non sufficientemente arrabbiato, non sufficientemente cazzuto.

Certo, ci rendiamo conto che Shad Khan, proprietario dei micioni, non si avventurerà in licenziamenti a stagione in corso, e questo darà modo a Bradley di provare a riscattare una prova lungamente imbarazzante della sua squadra. Zach Goodall oggi ha scritto:

“He’s a great person and certainly football savvy. But he’s no head coach. He’s unwilling to adapt to his players, rather he expects his players to adapt to his scheme. It’s unrealistic. It’s unfair.”

“E ‘una grande persona e ne sa di football. Ma non è un capo allenatore. Non è disposto ad adattarsi ai suoi giocatori, piuttosto si aspetta che i suoi giocatori si adattino al suo schema. E’ irrealistico. E’ scorretto.”

E, aggiungo io, è assolutamente improduttivo, per non dire dannoso. Prego chi legge di non considerare questa disamina come un rigurgito calciofilo italiota, che vede il coach una settimana come un dio e la settimana dopo come l’ultimo stronzo, ma è evidente che una gara come quella di San Diego, contro una squadra che si era fatta recuperare da KC ventun punti in un tempo e due minuti, rappresenta uno spartiacque nel modo di vedere il proprio head coach.

Gus, ora sono problemi tuoi, e dolori nostri.