Il Soldier Field

E’ là ma non è più là, e questo forse è uno dei più vividi esempi di che differenza c’è tra il college football ed il football pro, ovvero la differenza di atteggiamento verso quello che è stato.

Il Soldier Field, dedicato alla memoria dei caduti di ogni guerra a cui hanno partecipato gli Stati Uniti (senza polemizzare su quante giuste e quante ingiuste) e inaugurato nel 1924 è stato completamente demolito nelle sue parti funzionali e riaperto nel settembre 2003 dopo circa un anno e mezzo di lavori, un avveniristico usurpatore che destina agli archivi foto/filmografici la conservazione delle immagini di quello che c’era prima, di un impianto affascinante con i suoi tre colonnati neoclassici dai capitelli dorici, come piaceva agli americani all’alba del secolo XX, in cui la città di Chicago ha ospitato congressi eucaristici, incontri di boxe, gare di NASCAR, raduni sentitissimi come quello di Chicago Freedom Movement di Martin Luther King, o come il ritorno negli USA del generale Douglas MacArthur dopo la fine della seconda guerra mondiale. E tanto, tanto football, impersonato dai Chicago Bears che in quell’impianto ci hanno giocato trent’anni.

Intendiamoci: non stiamo parlando di una simbiosi come potrebbe essere quella tra il Kyle Field e Texas A&M, che dura da 110 anni ormai ed è oggettivamente inscindibile, ma di una solida realtà trentennale che supera di gran lunga la media degli impianti NFL: se prendiamo i 125 impianti in cui giocano le università di FBS Division, scopriamo che l’anno medio di costruzione è il 1955, se prendiamo invece la NFL questo numero si alza fino al 1989 (1992 se considerassimo il Soldier Field un impianto nuovo, quale è).

Questa è una realtà che ci dice molto sul bisogno di innovazione e di stimoli (che si trasformano in ritorni economici) per una lega professionistica, tralasciando magari aspetti più sentimentali che rimangono legati al college football o al prep football. Il terreno della squadra della scuola è l’identificazione del terreno sacro della propria città, della propria contea, del proprio stato e pensare di consacrare a realtà scolastiche vecchie in molti casi oltre un secolo, altri recinti di terreno diventa qualcosa di insostenibile. Buttare giù il Soldier Field per costruire qualcosa di “altro” e di tecnologicamente avanzato, ma di sentimentalmente distante sia per gli appassionati di football che per gli amanti di uno dei simboli della città, è un colpo al cuore che alla NFL, le cui 32 squadre sono tra i 50 team sportivi più ricchi di tutto il globo terrestre, frega fino a un certo punto.

Le critiche al nuovo impianto di Chicago, giunte da più parti in epoca di progettazione, si sono rafforzate in corso di realizzazione, definendo la nuova struttura “un UFO schiantatosi su delle antiche rovine”, “un uovo gigante in una tazza gigante”, “un ciccione che tenta di mettersi dei pantaloni di un uomo magro”, come riportò il New York Times il 16 giugno 2003 a pochi mesi dall’inaugurazione ufficiale. L’idea del nuovo progetto, pionieristico ed aggressivo, ha colpito anche David Bahlman, presidente del Landmarks Preservation Council of Illinois, che aveva tentato di fermare il progetto “If you’d never seen Soldier Field before this, you’d have a hard time figuring out what the original structure looked like“. Pare che un conto sia fare un nuovo ingresso di un museo d’arte, perchè l’arte della progettazione si confà all’arte in generale, altra cosa è toccare un edificio con un progetto così dirompente, definito all’epoca dal Chicago Tribune “Monstrosity on the Midway” e “Mistake by the Lake” senza considerare che, forse per colpa di una novità ancora non ben digerita, il Chicago Sun-Times pubblicava un sondaggio secondo cui il nuovo Soldier Field era l’edificio più brutto di Chicago.

Ma la NFL è la NFL, e la pressione, pur sulla città di una delle squadre storiche, una di quelle squadre senza cui la NFL sarebbe decisamente altra cosa, come Giants o Packers, per dirne due, ha portato la città a decidere la nuova realizzazione, definita dal critico Blair Kamina nightmare“. Tuttavia lo studio con sede a Boston, all’epoca rispose alle critiche sventolando le imposizioni della NFL ai nuovi impianti, che avrebbero reso impossibile la costruzione di uno stadio mantenendo i canoni di quello progettato negli anni ’20, modernità significa cambiamento, anche da schemi che hanno incantato per decenni, e che hanno persino ispirato un intero volume di Liam T.A. Ford dal titolo”Soldier Field: A Stadium and Its City” pubblicato dalla University of Chicago Press.

Sta di fatto che del Soldier Field, come lo abbiamo ammirato per anni ed anni, rimane la cinta muraria esterna alle due tribune ed alla curva esposta a sud, i due colonnati dietro cui si scorge la nuova struttura completamente avvolta da vetro e acciaio. I pochissimi tratti rimasti del vecchio stadio sono stati ulteriormente umiliati tra il 2004 ed il 2006 quando si è avviata e conclusa una procedura che ha tolto all’impianto la qualifica di National Historic Landmark. Non giudico l’opera architettonica in sé, preferendo la struttura interna di impianti come quello di New York o quello di Denver (per non parlare degli stupendi impianti di Texans e Cardinals), ma al pensiero che un giorno dentro il Lambeau Field possa nascere uno di questi “cosi” semplicemente mi si gela il sangue.