NFL Draft Grades 2017: Philadelphia Eagles

Una delle cose più affascinanti del draft NFL e che per ogni scelta effettuata esistono migliaia di universi paralleli di possibilità e migliaia di sliding door che determinano il futuro di intere franchigie e, in un certo senso, della storia di questo sport. Ogni scelta sembra una dichiarazione di amore della squadra verso il giocatore, quando, nella realtà delle cose, a volte si rimane semplicemente con il cero in mano ed si costretti a scegliere il prospetto rimasto più in alto nella board, che si rivelerà l’ennesimo bust o un futuro hall of famer.

Ed è per questo che è l’avvicinamento al draft da parte del front office delle franchigie NFL è così lungo e difficile. Assieme alla valutazione tecnica dei prospetti bisogna studiare un piano di azione e reazione ad ogni scelta degli avversari durante la 3 giorni. Ad ogni scelta c’è una reazione: è un gioco complesso.

Ed è quello che è inevitabilmente capitato anche quest’anno agli Eagles.

PRIMO GIORNO

Con la prima scelta c’erano numerose opzioni a disposizione per Philly: avrebbero potuto colmare una need tra CB o RB con un prospetto da primo giro, avrebbero potuto continuare ad fornire armi a Wentz draftando un WR o potevano accontentare Schwartz con un nuovo rusher fiammante per la sua wide 9. Un po’ a sorpresa 8 delle prime 13 chiamate sono state spese su giocatori offensivi. Se i 3 QB hanno fatto scivolare prospetti interessanti a metà giro, squadre come Titans, Chargers, Panthers e Bengals hanno quasi azzerato la possibilità per gli Eagles di continuare ad aggiungere talento attorno a Wentz, almeno con il primo giro.

I 3 WR degni di nota sono finiti tutti in top 10, i Panthers hanno bruciato la pista calda McCaffrey e, con Fournette promesso sposo dei Jaguars con la #4, era rimasto il solo Dalvin Cook disponibile. Ma sul lato difensivo della palla invece erano rimasti prospetti molto interessanti. Tra i CB l’unico già uscito era Lattimore, volato alla corte di Sean Payton, e tra i rusher solo Myles Garrett e Solomon Thomas rispettivamente con la #1 e la #3.

L’andamento del draft aveva a questo punto obbligato gli Eagles a buttarsi su un giocatore difensivo e, come già detto in avvicinamento al draft, la profondità della classe di DB poteva incentivare Philly a posticipare la presa al secondo giro. E così è stato: la scelta #14 è quindi caduta su Derek Barnett, DE da Tennessee.

Tanto dell’efficacia difensiva di Jim Schwartz è basata sulla riuscita o meno della pressione sul QB avversario. In offseason si è lavorato per sostituire l’esperienza di Connor Barwin e il buco lasciato da Bennie Logan in mezzo alla linea portando nel nido il veterano Chris Long e Timmy Jernigan dai Ravens. Mancava però un giocatore in grado di dare sostanza e profondità al lato opposto di Graham.

Barnett è un giocatore simile a Graham. Non ha dei tratti atletici devastanti, come Myles Garrett, ma è un giocatore capace di un alta produzione grazie a tecnica, ad una fine intelligenza per l’ovale, e ad una marea di intangible. Barnett ha dimostrato tantissimo a Tennessee e soprattutto come arrivare al QB avversario, ma dovrà capire come traslare questa sua solidità al piano superiore. Sarà difficile per lui superare i tackle NFL con il semplice spunto sull’esterno come faceva con continuità in NCAA. I LT in NFL sono più agili, più veloci di piedi, e Barnett dovrà insistere per sfondare anche sul lato interno.

Ma è un giocatore per cui è difficile non innamorarsi e la sua costante produzione, le sue ottime doti anche contro le corse e il grande fiuto per il gioco saranno utilissimi a questi Eagles.

SECONDO GIORNO

La scelta di un rusher, per quanto prospetto top 10, metteva ancora più pressione sul secondo giorno. Rimanevano voragini da colmare tra CB e RB. Certo erano due classi profonde ma tante squadre avevano adottato la stessa strategia nel corso del primo giro. 5 CB erano giù usciti il primo giorno ma altri 13 ne sarebbero stati scelti tra 2° e 3° giro.

L’obiettivo del 2° giro per gli Eagles, visto come si era svolto il draft fino ad allora, era Dalvin Cook da FSU. Il ragazzo era scivolato al secondo giorno, senza sapere bene come, nonostante una proiezione da top 20 pick. Il tentativo di trade up per assicurarselo qualche chiamata prima era fallito, scoprendo il fianco ad una trade up dei Vikings che se ne sono assicurati il talento un paio di chiamate prima.

Scottati dal mancato arrivo di Cook, invece di buttarsi sul progetto Joe Mixon, si sono buttati su di un altro progetto con una buona dose di rischio: Sidney Jones da Washington. Obiettivo degli Eagles con la chiamata #14, prima del brutto infortunio al tendine d’achille al pro day, Jones è una presa molto affascinante.

Ha le carte in regola per essere uno shutdown corner e un abbonato al Pro Bowl. Velocità, istinto per la palla, è un ombra per qualsiasi ricevitore. La velocità di piedi lo rende eccellente in press coverage ed un fit potenzialmente perfetto per Jim Schwartz. Dovrà semmai imparare ad essere efficace anche difendendo a zona dove ha mostrato alcune lacune.

In NCAA avevano rinunciato a lanciare contro di lui: appena 48 volte in una conference molto orientata verso il gioco aereo come la Pac-12. E impressionante anche il fatto che non abbia concesso touchdown per tutto il 2016. Se contestualizziamo questi numeri capiamo perché gli Eagles abbiano posato gli occhi sul talento ex Huskies anche in queste condizioni.

Jones è la classica pick che si farà odiare nell’anno da rookie (che salterà tutto probabilmente, anche solo per allungare di anno la scadenza naturale del contratto) ma che si farà amare, specie se saprà davvero recuperare al 100%, gli anni successivi. La testa del ragazzo c’è, speriamo che la salute vada di pari passo.

La presa di Jones era rischiosa anche perché, viste le sue condizioni, non andava ricoprire una need immediata. Arrivati alla chiamata numero 99, dopo che la 75 era stata ceduta ai Ravens per Jernigan, gli Eagles non avevano ancora né CB né RB titolare. Non il migliore degli scenari. Jones ha costretto Roseman a posare gli occhi su un altro DB pronto all’uso al terzo giro. Pare che uno dei candidati fosse Cordrea Tankersley da Clemson, andato anche questa volta 2 pick prima ai Miami Dolphins.

La scelta è così ricaduta sull’imponente CB da West Virginia Rasul Douglas.

Con i suoi 6’4” Douglas ha la stazza per combattere contro i grossi WR della NFC East, da Dez Bryant a Brandon Marshall passando per Terrelle Pryor, ma un talento ancora abbastanza grezzo. Il ragazzo ha dalla sua parecchia applicazione al gioco. Grazie a massicce dosi di studio e tanta intraprendenza è riuscito a portare a casa ben 8 INT, leader in NCAA, nel corso del 2016 quasi sempre leggendo bene i movimenti del QB e anticipando la traccia dell’avversario.

I problemi sorgono quando questi tentativi vanno a vuoto. Le lunghe leve sono infatti un’arma a doppio taglio e Douglas si ritrova a non avere velocità di punta e soprattutto agilità per correggere gli errori. Errori di questo tipo diventano voragini a livello pro. Per sua fortuna sembrano esserci margini di miglioramento, specie per quanto riguarda il footwork, ampiamente rivedibile, sia nell’uso del corpo in senso più ampio. Produzione e stazza sono comunque un bel biglietto da visita per imparare il difficile mestiere del CB.

Per sua fortuna è capitato in un sistema che dovrebbe valorizzare le sue qualità. Schwartz sfrutta molto la Cover 2 con i 2 CB esterni in press coverage e se Douglas riuscirà a sfruttare i suoi cm e il suo fiuto per l’ovale potrebbe essere lo starter già al day one.

TERZO GIORNO

Il terzo giorno si apre ancora con delle delusione per gli Eagles che si vedono andar via sotto gli occhi il WR Dede Westbrook e il RB Samaje Perin da Oklahoma, oltre a James Conner da Pittsburgh andato via agli sgoccioli del terzo giro. A questo punto il draft degli Eagles si fa molto pragmatico. Terminati i grossi colpi Philly cerca di portare a casa specialisti in grado di portare un valore alla squadra.

La prima di queste chiamate si posa sull’ex WR di North Carolina Mack Hollins. Capitano degli special team per 4 anni a NCU, Hollins è uno dei ricevitori che ha sostenuto i workout con Carson Wentz in inverno. Elemento importante degli special team, Hollins è un giocatore che combina assieme due caratteristiche antitetiche: stazza e velocità.

Non fatevi ingannare dal mediocre tempo sulle 40 yard (4.51). In partita Hollins ha la velocità e la progressione per colpire downfield. Ha chiuso i 4 anni college con l’assurda media a ricezione di 20.6 yard e 20 TD.

Risulta molto efficace come deep threat anche grazie alla sua stazza. Con i suoi 6’4′ è un target grosso da colpire e grazie alle sue lunghe braccia riesce a portare a compimento anche catch su lanci non sempre perfetti. E grazie alla sua stazza è un ottimo target in redzone, arma sempre ambita in NFL.

Ma i suoi compiti probabilmente si esauriranno qui: non ha particolare doti nel gioco medio corto e, se si escludono le yard after catch su palle profonde, non usa nemmeno a suo favore la stazza contro i cornerback avversari dopo la ricezione. Non è, e non sarà mai probabilmente, un three-down receiver, ma se riuscirà ad eccellere come special teamer e a traslare in ambito pro le sue caratteristiche potrà sicuramente dare una mano alla causa.

Discorso analogo si può fare con la seconda pick spesa al quarto giro su Donnel Pumphrey. Il RB da San Diego State non è il three-down running back che i fan si aspettavano da questo draft ma il leader per yard corse nella storia della FBS (6405 yard in 4 anni) può dare un solido contributo.

Ovviamente il limite strutturale sono i suoi appena 5’8’ (173 cm) di statura. Con queste misure farà fatica ad incidere come corridore, nonostante l’ottima e non scontata visione di gioco. Il paragone scontato è quello con Darren Sproles e in un certo senso è stato portato agli Eagles per sostituire, come jolly offensivo, proprio il 33enne ex Saints che si ritirerà a fine stagione.

L’ex Aztec ha un fisico più asciutto ma soprattutto sembra avere delle mani migliori di Sproles e se riuscirà a combinare la sua agilità, con i repentini cambi di direzione grazie alle leve corte, alle sue mani educate sarà un bella arma per Peterson da scatenare in mezzo al campo, con continui mismatch con i linebacker avversari.

Dopo aver speso la prima parte di draft per irrobustire la difesa, la seconda è stata dedicata quasi interamente a fornire altre armi a Wentz e Pederson. E con il quinto giro gli Eagles hanno provato a portare a casa l’ennesimo WR in grado di allargare il campo: Shelton Gibson da West Virginia.

Philly ci aveva provato disperatamente lo scorso anno con Trey Briggs da California, ha firmato Torrey Smith, sperando sia rimasto qualcosa della versione Ravens, ci hanno provato con Hollins al quarto giro e ci riprovano con Gibson al quinto sperando di trovare, in mezzo al mucchio, il profilo ideale, quella minaccia deep threat che nel 2016 è mancata completamente.

Gibson in fase di scouting era stato paragonato a DeSean Jackson e visti i numeri in NCAA si capisce perché: su 17 ricezioni da +20 yard ha ricevuto per ben 726 yard, secondo della classe 2016. Il ragazzo è una vera macchina da big play e negli ultimi due anni è stato uno dei migliori con ricezioni oltre le 40 yard (a quota 20 dietro solo Taywan Taylor) e ha chiuso la carriera ai Mountaineers con la folle media di 23.1 yard a ricezione, che lo pone al secondo posto di ogni tempo in NCAA in questa particolare statistica (Mack Hollins è ottavo).

Ma a differenza di un Trey Briggs qualunque è bravo a correggere la propria traccia per massimizzare le possibilità di ricezione. Purtroppo a West Virginia non sempre ha avuto QB in grado di capitalizzare la sua esplosività e velocità. Come Hollins però è decisamente più inconsistente per quanto riguarda le tracce medio-corte e dovrà costruirsi una carriera da three-down receiver.

Le ultime due pick sono state spese per pura depth chart. A fine quinto giro arriva la safety, tramutata in linebacker, Nathan Gerry da Nebraska. Si proverà probabilmente a fare di lui quella combo S-LB che va tanto di moda oggi (vedi alla voce Mark Barron, Su’a Cravens e Jabrill Peppers), ovvero un linebacker forte in coverage che sia in grado di coprire i tight end avversari.

Gerry è stata una safety fisica e dal buon fiuto per l’ovale (13 intercetti) che ha sempre ben difeso contro slot receiver e tight end avversari. La sua buona presenza sulla line of scrimmage sicuramente è una buona notizia nel passaggio stabile a linebacker ma, per il momento, potrà trovare solamente spazio nei sub package per specifiche situazioni. E sperare di trovare feeling nella transizione del ruolo.

Con l’ultima chiamata al sesto giro Philly ha pescato Elijah Qualls da Washington. Con l’infortunio di Beau Allen, che rischia di non essere pronto per week 1, Qualls va a rimpolpare le fila dei DT che storicamente ruotano molto sotto la supervisione di Schwartz. Qualls è stato un pezzo un po’ in ombra nella fantastica difesa Huskies: imponente, grazie alle sue 320 libbre, e solido giocatore contro le corse. Nella sua unica stagione da starter si è guadagnato il first team della PAC-12 grazie a 38 tackle e 3 sack.

UDFA

Tra i 10 undrafted free agent firmati dagli Eagles ce ne sono un paio che rischiano di entrare nei 53: Tyler Orlosky da West Virginia e Corey Clement da Wisconsin.

Il primo è il top ranked tra gli UFDA. Centro, poco agile e poco duttile ma dotato di grande forza, tecnica, e ottimo uso delle mani. Ha avuto un ottima carriera con i Mountaineers culminata con il first team Big-12. Il fatto che non possa giocare nessun’altro ruolo nella OL lo penalizzerà probabilmente in fase di definizione del roster. A meno che la situazione di Jason Kelce non cambi.

Clement invece è un giocatore interessante perché è uno dei pochi running back completi a roster. Non è un giocatore “piacevole” da vedere, né particolarmente creativo palla in mano, ma è un giocatore fisico, che va dritto al punto, con ottime mani e soprattutto che manca attualmente a roster. Se dovessero scegliere di portare 4 RB (difficile con 3 QB e 3 TE) Clement darebbe un’ulteriore dimensione al gioco di corsa degli Eagles.

DRAFT GRADE

Non è sempre corretto valutare un draft dopo poche settimane ma è certamente doveroso. Il draft degli Eagles non è forse andato come voleva la franchigia di Philadelphia, costretta a pick difensive nei primi giri sia nell’ordine di best player available (vero sia nel caso di Barnett che di Jones) sia per colmare i buchi a roster (Rasul Douglas). Ma così facendo si è perso una occasione per continuare a fornire armi a Wentz e ad un offense che ha zoppicato lungo tutto l’anno.

Le prese di Barnett e Jones singolarmente sono ottime ma non era quello di cui gli Eagles avevano bisogno in questo momento. Jones giocherà il primo snap probabilmente tra 1 anno e mezzo e Barnett (come Douglas) da solo non cambierà di certo il volto di una difesa che, come nel 2016, sarà sì il pezzo forte di questi Eagles ma non abbastanza per far fare strada alla squadra.

E dall’altra parte se è vero che la free agency è stata impostata per fornire all’attacco quelle armi che mancano (soprattutto Alshon Jeffrey) è anche vero che né Pumphrey né Hollins o Gibson, per quanto utili alla causa, faranno fare il salto di qualità richiesto ad un reparto mediocre. E soprattutto si è persa forse l’occasione di portare a casa quel running back di qualità e quantità che manca ormai da troppo tempo.

Ma come ogni draft bisogna prendere il meglio da ogni situazione.

Non riuscendo ad arrivare ai vari John Ross, Corey Davis, Mike Williams, Christian McCaffrey o Dalvin Cook, e non avendo premuto il grilletto su un talento discusso come Joe Mixon, gli Eagles sono stati costretti ad attuare una strategia diversa. Sicuramente hanno portato a casa pezzi pregiati e solidi giocatori di contorno, a cui daremo valore nel tempo, ma che forse non vanno a rafforzare in modo netto la squadra in questo preciso istante come ci si sarebbe aspettato.

C’è comunque un fil rouge che ha attraversato tutto il draft di Howie Roseman e Joe Douglas, al di là delle condizioni, ed è la produzione. Tutti i profili portati a casa hanno in qualche modo dimostrato, anche se in porzioni di gioco molto specifiche, di poter eccellere e produrre a livello collegiale. Barnett ha battuto il record di sack Tennessee di un certo Reggie White,  Rasul Douglas è stato primo per INT nel 2016, Hollins e Gibson con due delle migliori medie per ricezioni della storia collegiale, Pumphrey record man a livello FBS. Non so se è una linea che pagherà dividendi ma è certamente un idea precisa.

Voto: B