La vendetta di Chris.

Per uno sportivo professionista ottenere una grande prestazione contro una ex squadra deve avere un significato davvero particolare, soprattutto se viene condita da una vittoria in grado di regalargli quell’amato retrogusto di vendetta, tanto simile alla rivincita, che resta una sensazione particolarmente amata da ogni atleta.

Chris Ivory 13

Un’emozione che certamente ha provato Chris Ivory, runingback dei New York Jets che domenica ha contribuito con 130 yards su corsa e 1 touchdown ad abbattere i suoi ex compagni Saints, fermati sul terreno del MetLife Stadium da una buona prova della franchigia biancoverde, cresciuta nell’ultimo periodo a pari passo del suo giovane quarterback, Geno Smith.

Particolarmente amato da Rex Ryan, che lo ha fortemente voluto nella Grande Mela, spendendo una quarta scelta dello scorso Draft nell’ultima offseason, il runner da Longview, Texas, ha vissuto la settimana di avvicinamento alla sfida con New Orleans in modo del tutto particolare, come hanno raccontato molti dei suoi attuali compagni di squadra nel dopopartita.

Più concentrato e determinato del solito, deciso a rilanciarsi dopo l’infortunio al bicipite femorale che non gli aveva finora permesso di brillare con la divisa dei Jets, Ivory ha dimostrato di sentir talmente tanto il match con la squadra che lo aveva scaricato dopo avergli aperto le porte della National Football League, da essere nominato addirittura capitano mentre usciva dal tunnel degli spogliatoi.

Una mossa inattesa da parte di Ryan, un ulteriore carico di responsabilità per un qualsiasi ragazzo appena tornato a calcare i campi di football dopo un lungo stop, ma non per il venticinquenne texano, abituato, da sempre, a risalire la china e rilanciarsi dopo i periodi bui vissuti nell’arco della sua carriera.

Carriera che sarebbe meglio definire vita, come sempre sportiva, iniziata sui campi polverosi dell’East Texas, in una cittadina dove il football lo si respira in ogni angolo, e da dove, negli anni, sono arrivati a conquistarsi un posto tra i professionisti, con più o meno fortuna, in tanti.

Tra questi l’amico di sempre Trent Williams, attuale offensive tackle dei Washington Redskins, con il quale ha condiviso sprazzi di football e di vita, fin dai Longwiew HS Lobos, dove entrambi iniziarono il loro cammino nel mondo della palla ovale arrivando a sfiorare importanti traguardi già a livello liceale, in compagnia di atri due futuri giocatori NFL come Malcom Kelly e Robert Henson.

Anni nei quali Ivory si era ritagliato un discreto spazio come backup runningback e linebacker, prima di diventare titolare del backfield nella sua senior season, fondamentale per spiccare il volo verso la NCAA ed una borsa di studio a Washington State, dove giunse spronato da sua madre, che in un’intervista rilasciata nel suo primo anno tra i Pro, nel 2010, rivelò la sua semplice ricetta per far rendere al meglio il suo unico figlio “Corri, ragazzo, corri, sempre più forte”.

Un monito che pare più il ritornello di una canzone, ma che l’attuale runner dei Jets ha sempre tenuto ben fisso in testa, desideroso di rendere orgogliosa quella mamma, Judy, che tanto aveva fatto per lui e per la comunità di Longview, raccogliendo per strada ragazzi difficili ed aiutandoli a trovare, tramite lo studio o il lavoro, il proprio posto nella vita.

Esistenza divisa a metà per quanto riguarda la Sig.ra Ivory, ufficialmente agente di polizia, per hobby assistente sociale, capace di non far mai mancare una parola o un consiglio ai tanti giovani abbandonati a se stessi per le strade della città; “Lei è la roccia della nostra famiglia” così l’ha definita un nipote, ed evidentemente si tratta di un carattere ben inciso nel DNA famigliare viste le difficoltà che ha superato Chris nel corso degli anni, fin dal suo arrivo a Washington State.

Chris Ivory WSU

Con i Cougars un’avventura lunga tre stagioni, irrimediabilmente segnata da infortuni e delusioni, stoppato ogni volta che sembrava potesse finalmente prendere il volo; prima una spalla, poi un ginocchio, fino ad arrivare ai guai con la legge, il cambio di coaching staff e, dulcis in fundo, per non farsi mancare nulla, l’espulsione dal programma di football.

Un percorso in discesa nel quale non sono mancati i sussulti, come le 214 yards corse a cavallo di due match importantissimi all’interno dell’allora Pac-10 come Stanford e Washington, e gli attestati di stima ricevuti sistematicamente dal coaching staff, che lo ha sempre considerato uno dei migliori prospetti del team nonostante un impiego limitato.

Impiego simile ad impegno, come quello che non è mai mancato ad Ivory, abituato a piegare la schiena e a lavorare come pochi altri nel roster dei Cougars, affrontando drill e sessioni di allenamento sempre al massimo, fino all’ultima goccia di sudore, nella speranza di conquistarsi un posto importante nel team con il passare del tempo.

Una speranza venuta meno dopo il cambio di allenatore, con il nuovo, Paul Wulff, che lo accantona fin da subito, senza concedergli neppure una chance; a questo si aggiunge un momento difficile a livello famigliare per Ivory, che per poco non perde la sua amata madre a causa di una meningite virale.

La corsa a casa, la notte passata in ospedale, tenendo stretta la sua mano e pregandola di sopravvivere, con fuori dalla stanza Trent Williams mescolato ai suoi parenti, in attesa di una lieta novella che arriva qualche giorno più tardi, quando la Sig.ra Judy si risveglia dal coma e il mondo intorno a Chris torna a sorridergli.

Un sorriso breve, ma significativo; torna a Washington State, gli capita di far tardi ad una seduta di allenamento, e viene cacciato malamente dal team, ma come ogni bella storia che si rispetti, anche in questa c’è un qualcuno pronto a raccogliere i cocci di un sogno appena infrantosi e rimetterne insieme i pezzi, senza dimenticarsi anche quelli più piccoli.

Quel qualcuno è l’ex assistente dei Cougars Dave Walkowsky, che aveva sempre apprezzato Chris avendolo allenato assiduamente negli special team, di sua competenza prima di accettare il ruolo di capo allenatore a Tiffin, un college di Division II sperduto nelle campagne dell’Ohio.

E’ un pomeriggio quando una telefonata giunta da Washington State gli annuncia che Ivory è appena stato espulso dal programma di football; bastano poche ore, un paio di altre chiamate, a Walkowsky per capire cosa era successo, anche in merito alla grana con la legge avuta pochi mesi prima, quando venne accusato di aver colpito uno studente con una bottigliata in testa durante una rissa.

Tutti i compagni presenti furono concordi nel dire che Chris fu vittima di uno scambio di persona, e il suo ex special team coach ne era consapevole, visto che fu un altro giocatore a spiegargli, in via confidenziale, dove si trovava il runningback quella notte; eppure la nomea di ragazzo difficile e piantagrane non avrebbe più lasciato Ivory, nel frattempo volato a TIffin per ricominciare a respirare aria di football, aria di casa.

Si, perché il campo per lui era una sorta di habitat naturale, e vederlo allenarsi con la stessa intensità che ci metteva quando vestiva la maglia dei Cougars, faceva brillare gli occhi a coach Walkowsky, letteralmente ammaliato dalle qualità umane di un ragazzo che non si era fatto alcun problema a scendere di due categorie e navigare nei bassifondi del college football per provare a rilanciarsi.

Chris Ivory Tiffin

Per capire bene chi è Chris Ivory, come giocatore e come persona, basterebbe riportare un aneddoto raccontato dallo stesso allenatore “A Tiffin non avevamo certo un programma di football all’altezza dei migliori della Division II, e dopo tre partite mi vedo piombare Chris nel mio ufficio dicendo che aveva bisogno di parlarmi. Mi dico, ci siamo, questo mi chiede di andare via, invece lui mi guarda con uno sguardo preoccupato e mi chiede – Coach, cosa sto facendo di sbagliato? – ”.

Rimasi sbigottito, la squadra era quella che era, e lui pensava di essere l’unico responsabile perché non riuscivamo a vincere le partite? Pazzesco, gli spiegai che i problemi non erano suoi ma della linea offensiva, e lui per tutta risposta mi incalzò nuovamente – Coach, c’è qualcosa di più che posso fare? Dovrei giocare in difesa? Cosa posso fare per aiutarci a vincere? – A quel punto volevo quasi abbracciarlo, invece lo guardai dritto negli occhi e gli dissi –Se hai questo atteggiamento a Tiffin dopo aver giocato nella Pac-10, mi dispiace, ma non sei affatto un cattivo ragazzo.

Eppure questa fama non l’abbandonerà mai, come d’altronde gli infortuni, che lo limitarono anche nelle sue ultime due stagioni collegiali, con quella da senior redshirt chiusa anzitempo a causa di un problema al menisco; un guaio in vista di un Draft NFL alle porte, reso ancor più difficile dal fatto che sulla sua testa continuava a pendere quella denuncia di aggressione ai tempi di Washington State che teneva ben lontano gli scout.

Anche tra questi però, c’era qualcuno disposto a non fermarsi alle apparenze e scavare più a fondo, Dwaune Jones, uno scopritore dei talenti al servizio dei Saints che rimane letteralmente colpito dalla luce che scorge nello sguardo di coach Walkowski quando questi gli parla di Ivory; decide di fare un salto a Tiffin, conoscerlo e visionare alcuni video in compagnia dell’allenatore, visto che il ragazzo non può scendere in campo, nemmeno per un tryout, a causa dell’infortunio al ginocchio.

Jones prende appunti, elabora quanto visionato, e scrive un rapporto molto buono sul ragazzo texano, che passando di mano in mano arriva fin sulla scrivania del general manager di New Orleans Mickey Loomis, che lo legge attentamente, decide che Ivory merita una chance in NFL, e lo inserisce sulla Draft Board dei Saints, considerandolo un late-round prospect.

Finiscono tutti e sette i giri del Draft e Chris è ancora libero, a quel punto nel GM della franchigia della Louisiana balena un’idea, e se fosse lui uno dei due runningback che mancano per completare il roster in vista del training camp? Loomis contatta i collaboratori e gli consegna una lista di nomi, adducendo che i primi due ad accettare l’offerta, saranno quelli che si uniranno alla squadra, senza attendere ulteriori risposte da altri.

Chris è il primo nome della lista, e prima di riattaccare il telefono, aveva di fatto firmato un contratto da undrafted free agent con i Saints, con i quali inizia la sua avventura nel football professionistico nel 2010, dopo essere sopravvissuto a tutti i tagli estivi, da terzo in depth alle spalle di Reggie Bush e Pierre Thomas.

Chris Ivory 12

I guai fisici di questi ultimi due gli permettono di vedere il campo con assiduità già nel corso della sua rookie season, che chiude da leading rusher del team con 736 yards conquistate e 5 touchdowns segnati in 137 portate; buoni numeri per un runningback proveniente da uno semisconosciuto college di Division II, che si porta a casa anche due riconoscimenti come Pepsi NFL Rookie of The Week e FedEx Ground Player Of The Week dopo la sua ottima prestazione, 23 corse per 99 yds, contro i Seahawks nell’undicesima settimana.

Dopo la gloria, però, arriva un’altra caduta, e dopo due mesi passati nella PUP List, ad inizio stagione 2011, Chris non trova più spazio in un attacco sempre più pass oriented, dove è altresì chiuso dal già citato Thomas e dai nuovi arrivati Marc Ingram, first round pick dell’ultimo Draft, e Darren Sproles; una situazione, quella di quarto in depth chart, che perdura anche nella regular season successiva, nella quale vede il suo apporto ridursi ulteriormente, chiudendo con 40 portate per 217 yards e 2 TD il suo ultimo anno a New Orleans.

Il resto è storia ancor più recente, un racconto che conosciamo piuttosto bene, quello del suo passaggio ai Jets, della sua nuova discesa, e della sua ulteriore risalita, che lo ha portato a realizzare una delle migliori performance NFL di sempre per un runningback contro un proprio former team; un buon inizio, per un ragazzo giunto a New York con la consapevolezza di poter essere un’arma importantissima per la squadra allenata da Rex Ryan. Gli basta semplicemente mettere in pratica quel vecchio monito.

Corri, Chris, corri, sempre più forte” …. e non fermarti mai più.