Mai dire kickoff…

Succede che uno l’aspetta per sette mesi, con la stessa frenesia di quando da piccolo attendevi la notte di Natale, succede che prepari il tutto nei minimi particolari, che ti apparecchi casa in modo da non subire il minimo disturbo, perché il kickoff weekend va preparato a dovere, nei minimi dettagli, senza lasciare il nulla la caso, e proprio quest’ultimo, alla fine, decide di giocarti uno scherzetto.

NFLPoche cose, nella cultura di derivazione contadina, hanno rilevanza, e importanza, se non la fatidica, ma quanto mai veritiera, soprattutto nei momenti che sta attraversando il nostro paese, frase “prima il dovere e poi il piacere”, e pochi insegnamenti vanno presi alla lettera come quest’ultimo, perché è inutile, quello che ti tramandano, che ti scrivono con un sottile pennarello invisibile nel sangue, fin dalla tua nascita, ti impone che devi dare prima retta alla ragione, anche quando vorresti, fortemente, inseguire la passione che ti impone il cuore.

Succede così che i preparativi, la ramanzina preventiva impartita a moglie, figli, parenti ed amici vari sul fatto che il primo weekend di Settembre è sacro, più di battesimi, comunioni, cresime, matrimoni e festini vari, più dello stesso Santo Natale, in uno solo attimo, in pochi fatidici minuti, vengono spazzati via in un sol colpo, perché nella tua testa, ad essere classificato con una sacralità superiore, non è il gioco, o l’amore per esso, ma il lavoro, e la necessità di portare a casa il raccolto prima che giunga il maltempo.

La speranza di riuscire a combinare le due cose, però, è quanto mai possibile, d’altronde, altro punto fermo della cultura contadina è che “prima si inizia, prima si finisce”, e allora in barba alla domenica di riposo e alle tarde levate mattutine di fine weekend, se il lavoro chiama, bisogna rispondere, ed appena la luce bussa alle finestre, si fanno su armi e bagagli, e si parte per guadagnarsi la giornata.

Nel caso, il guadagno si traduce nel raccogliere quanto prima le nocciole, e facendo due rapidi calcoli, se si da il via alle danze di primo mattino, per il pomeriggio, pur con qualche rallentamento dovuto ad inconvenienti di vario genere, si dovrebbe portare al termine il lavoro; d’altronde, mica si tratta di spianare una montagna!

Allora dove eravamo rimasti? Ah si, sveglia presto e partenza, tutto il necessario già preparato la sera prima, si distribuiscono gli incarichi e ci si mette al lavoro, e nonostante un leggero ritardo del contoterzista incaricato della raccolta, la tabella di marcia promette bene; una promessa che con l’avanzare mesto della mattinata verso il mezzodì, comincia però ad essere disattesa, visto che dove dodici mesi prima ci si impiegava un paio d’ore, ne sono servite quasi quattro.

Finiamo questo pezzo, poi mangiamo velocemente qualcosa, e alle due ripartiamo”, un accordo verbale veloce, come la firma su un contratto, da mezzogiorno all’una è un attimo, un piatto carne cruda alla piemontese, un po’ di frutta, litri e litri d’acqua, e alle quattordici in punto siamo tutti pronti a giocare il secondo tempo di questo match tutto personale con i noccioleti.
Rispetto al mattino abbiamo preso le misure, il lavoro avanza velocemente, i sacchi si ammucchiano sotto le piante, e la linea del traguardo, è sempre più vicina, la intravedo già laggiù, in fondo a quelle tre file di noccioli, ancora pochi cespugli e saremo pronti per le danze, quelle vere, quelle attese ormai da sette mesi.

E poi….poi succede l’impensabile, sono quasi le cinque, una mezzoretta e si va tutti a casa, ma il motore sancisce il “fermi tutti”, improvvisamente, come il più classico dei fulmini a ciel sereno; un guasto, un pezzo da cambiare, una riparazione al volo, ma è domenica, e trovare il necessario non è affatto facile; “io ho un pezzo simile a casa, magari va bene”; “proviamo, io gli attrezzi per aggiustarlo li ho”.

Cambio di programma quindi, dal rompete le righe ormai prossimo, ci si improvvisa meccanici, della domenica, in tutto e per tutto, ma pur sempre meccanici; si svita, si avvita, si fanno le prove, si toglie, si mette, si cambia, un colpo qui, una botta la, e intanto la notte si avvicina, il sole fa capolino dietro ad una collina e le ombre si fanno più aggressive; “finiamo domani con calma, dai”, “no, ormai manca poco, finiamo, è meglio”.

Vince ancora il DNA contadino, e si va avanti, sono ormai le otto, i miei Vikings sono già in campo da un’ora, e tutti i preparativi svolti con la massima cura, non restano altro che un futile ricordo; dalle venti si fanno le ventuno, la luna è alta nel cielo, e finalmente rivedo la porta di casa, dopo un’intera giornata passata a dare del tu alla Tonda Trilobata delle Langhe, perché così si chiama la nocciola da noi, tra le sperdute colline del Piemonte meridionale.

Più che Trilobata, viste le circostanze, l’avrei volentieri ribattezzata tribolata, ma tant’è, gli dei del football da qualche anno, ci hanno concesso il Game Pass, con tanto di partite in differita, e mi godrò comunque il primo match della stagione con qualche ora di ritardo, il tempo di fare una doccia ed uno spuntino, e quell’agognato divano, con annessa TV, sarà mio; solo mio.

Prima ancora di lanciare il fantastico prodotto creato per i malati terminali dalla NFL, mentre su Italia2 scorrono le immagini finali di una combattutissima sfida tra Saints e Falcons, faccialibro mi gioca un bruttissimo scherzo, e mentre mi collego per rispondere ad un amico, mi si piazza davanti agl’occhi un post che recita “Mostruosa la prima corsa di Adrian Peterson, 78 yards e touchdown”; sbam! Spoilerato ancora prima di cominciare la visione in differita del match atteso a lungo.

Nell’epoca degli smartphone, di internet, dell’iperconnetività, e delle notifiche che ti arrivano a destra e a manca, pure quando non le chiedi, magari rimbalzate da qualche amico in comune, succede, putroppo, anche questo, e chi la NFL la può seguire live, spesso si dimentica che una qualsiasi frase può diventare deleteria per un altro fan. E’ successo anche a me, succede a tutti, e alla fine l’importante è non compromettersi l’esito finale, perché un touchdown, messo a segno ad inizio match, può indirizzarti una partita, ma di certo non deciderne il risultato al termine dei sessanta minuti passati a darsele di santa ragione su un campo da football.

Comunque sono le ventidue, le sfide della prima tornata, quella delle diciannove, sono finite, posso collegarmi e iniziare la mia visione; un field goal dei Lions, la preannunciata galoppata di All Day in endzone, il TD annullato a Calvin Johnson per mancato possesso, molto dubbio, uno probabilmente regalato a Joique Bell, un’altra corsettina vincente del numero 28, Christian Ponder che continua ad essere più croce che delizia, e mi si spegne la luce.

No, non nel senso che mi è saltata la corrente, questa volta è stato il mio fisico ad alzare bandiera bianca, blackout assoluto, e dal 14-13 di fine secondo quarto, mi sveglio e mi ritrovo con un 24-34 a poco dalla fine del match; un sonno ristoratore, direte; magari, dico io, la mia schiena stava facendo l’elenco di tutti i santi del paradiso, i miei occhi si sarebbero volentieri richiusi fino al mattino, e le mie orecchie avrebbero fatto volentieri a meno di sentire gli amorevoli auguri della mia dolce mogliettina alla mia ennesima nottata passata sul divano a seguire la National Football League.

Ma d’altronde il football è anche questo, un vizio, oltre che una passione.

Bentornato caro compagno di notti insonni!